lunedì 8 febbraio

di | 7 Febbraio 2021

Giobbe 9,19-35

19Se si tratta di forza, è lui il potente;
se di giustizia, chi potrà citarlo in giudizio?
20Se avessi ragione, la mia bocca mi condannerebbe;
se fossi innocente, egli mi dichiarerebbe colpevole.
21Benché innocente, non mi curo di me stesso,
detesto la mia vita!
22Per questo io dico che è la stessa cosa:
egli fa perire l’innocente e il reo!
23Se un flagello uccide all’improvviso,
della sciagura degli innocenti egli ride.
24La terra è lasciata in balìa del malfattore:
egli vela il volto dei giudici;
chi, se non lui, può fare questo?
25I miei giorni passano più veloci d’un corriere,
fuggono senza godere alcun bene,
26volano come barche di papiro,
come aquila che piomba sulla preda.
27Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito,
cambiare il mio volto e rasserenarmi»,
28mi spavento per tutti i miei dolori;
so bene che non mi dichiarerai innocente.
29Se sono colpevole,
perché affaticarmi invano?
30Anche se mi lavassi con la neve
e pulissi con la soda le mie mani,
31allora tu mi tufferesti in un pantano
e in orrore mi avrebbero le mie vesti.
32Poiché non è uomo come me, al quale io possa replicare:
»Presentiamoci alla pari in giudizio».
33Non c’è fra noi due un arbitro
che ponga la mano su di noi.
34Allontani da me la sua verga,
che non mi spaventi il suo terrore:
35allora parlerei senza aver paura di lui;
poiché così non è, mi ritrovo con me solo.

Commento

Continua la risposta di Giobbe al suo amico. Abbiamo ben capito che Giobbe non accetta quello schema chiamato giuridico. Giobbe afferma che tra lui e Dio il rapporto, la relazione è diretta, non c’è bisogno di una mediazione, in questo caso la mediazione della legge.  In questa seconda parte della risposta di Giobbe entra in gioco una forma di lamentazione. Non è una vera e propria invocazione a Dio, ma una lamentazione. dice Giobbe, tutto sarebbe inutile perché poi al momento opportuno tu mi rigetteresti nel pantano delle mie miserie, la mia miseria mi riassorbirebbe in maniera irreparabile. Cosa vuoi mai che possa realizzare io anche con l’impegno penitenziale di una vita che dovrebbe rientrare nei ranghi del regolamento? Posso fare tutte le penitenze del mondo, ma non cambierebbe niente della mia vita. Posso cercare di stare dentro tutti principi del mondo ma continuerei a sentire il mio dolore. È il dolore che prevale nella vita e nella vicenda di Giobbe. Ad un certo punto sembra quasi ammettere la necessità di una forma di mediazione tra lui e Dio, ma poi torna sui suoi passi e ritorna quell’idea di un rapporto  diretto tra Giobbe e Lui. Da una parte Giobbe è sgomento perché non ce la fa a presentarsi davanti  a Lui in modo degno di Lui; dall’altra è anche vero che non capisce proprio perché le cose della sua vita devono andare in questo modo così deplorevole, così doloroso. E qui per un attimo si ferma la lamentela di Giobbe.

preghiamo

preghiamo per Andrea

2 pensieri su “lunedì 8 febbraio

  1. Elena

    Credo che il dolore sia incomprensibile. Ognuno di noi ne sperimenta tante espressioni, tante manifestazioni, tante evoluzioni. Ognuno di noi ne attraversa l’oscurità e la pesantezza, ognuno forse, conosce il proprio, ma non potrà mai conoscere quello dell’altro. Perché il dolore è misterioso, è personale ed unico, ed è incomprensibile per ciascuno. Sia un dolore del corpo, sia un dolore dello spirito. Aiutaci Signore, solo ad attraversarlo, lasciaci almeno un po’ della dignità che ci hai donato quando ci hai chiamati alla luce. Preghiamo per Andrea e per tutte le persone che soffrono.

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  2. sr Alida

    Aiutaci Signore a non perdere la speranza nel dolore, dona a quanti soffrono che solo tu comprendi forza e consolazione… E uno spiraglio di luce per le situazioni piu’sofferte. Preghiamo per Andrea.

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