come avevo detto vorrei provare a presentare e commentare ogni settimana un’opera che raffigura la natività. la prima è la natività di Lorenzo Lotto. non essendo un esperto d’arte ho semplicemente adattato un commento che ho trovato e che mi è piaciuto.
La Natività di Lorenzo Lotto – “il pittore scruta quel che gli altri non vedono, per dare un volto ai pensieri dell’uomo e una forma alla segretezza delle cose” – nella catechesi di d.Andrea Coldani
Lorenzo Lotto visse nel difficilissimo passaggio storico che vide affrontarsi la Riforma protestante e la Riforma e la Controriforma cattoliche Fu interprete originalissimo della spiritualità dell’epoca e le sue opere non finiscono di stupire per bellezza e novità.
Lotto, meraviglia e adorazione…
Lorenzo Lotto nato, si presume dal suo testamento, verso il 1480 e morto nel 1557. Veneziano di origini, appartiene alla grande generazione dei pittori veneziani quale Giorgione, Tiziano, Palma il Vecchio e Pordenone. Dopo un’iniziale apprendistato a Venezia svolse la sua attività in gran parte lontano da Venezia: tra Treviso, Bergamo e le Marche. Di lui si contano oltre 130 pitture, per lo più pale d’altare, quadri devozionali, ritratti e 3 cicli di affreschi. Lotto è anche apprezzato disegnatore, realizzò una straordinaria serie di disegni per tarsie lignee, non possiamo non ricordare le tarsie lignee del coro della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
Della sua personalità gli studiosi ci parlano di un uomo segnato da un’autentica inquietudine spirituale e da una profonda sensibilità. Egli intendeva la sua professione quasi come una “vocazione”! Per Lotto «il pittore scruta quel che gli altri non vedono, per dare un volto ai pensieri dell’uomo e una forma alla segretezza delle cose».
Possiamo quasi dire di essere davanti ad un “mistico della pittura” «il suo stile e la sua cifra pittorica non sono solo il frutto di un’arte somma, di una tecnica limpida e accattivante, ma il risultato di una vita realmente dedita alla contemplazione e alla preghiera». Lotto traduce meditazioni, preghiere e racconti evangelici in disegno e colore.
Nel 1523 Lotto dipinge la Natività, una piccola tavola (cm 46 x 36) conservata alla National Gallery of Art di Washington. La Natività è destinata a un’abitazione privata come dicono le piccole dimensioni. È un quadro pensato per la devozione di una famiglia. L’incarnazione si sposta dal luogo di culto, dove ci si reca a pregare, alle stanze di un palazzo in cui la giornata vorrebbe essere illuminata dalla memoria di Cristo. Il mistero di Dio lo si vuole prossimo, dentro le mura domestiche.
Nel dipinto i santi personaggi sono collocati in primo piano, tanto da porre l’osservatore, meglio il fedele, in una posizione privilegiata, siamo nella stalla! Non guardiamo dentro da fuori, la scena è vista dall’interno; quasi a dire una condizione di intimità del fedele con il mistero che si rivela.
Giuseppe
a differenza dell’iconografia classica del presepio, Giuseppe presenta una novità. La tradizione vedeva Giuseppe solitamente in disparte. Qui, invece, prega e un sorriso muove il volto: c’è gioia e commozione, c’è adorazione. Quel bimbo lo sente suo, lo ha accolto dando compimento alle Scritture e se ne prende cura accompagnandolo nella crescita. Siamo invitati a pregare nella contemplazione di Giuseppe offrendo a Dio nella docilità tutte le fatiche, le prove e gli affanni quotidiani nella fiduciosa consapevolezza che Dio non ci abbandona.
La madre, il figlio
Lotto rompe gli schemi tradizionali e valorizza Giuseppe affiancandolo alla Madonna che ha gli occhi incollati su Gesù. Sono sgranati dalla meraviglia. Osserva il bambino che le sta parlando con lo sguardo, con il movimento delle labbra, con i piedini che scattano e con le mani che si muovono in uno slancio di affetto. Si vuole aggrappare, Lui che è Dio, a sua madre. Comportamenti naturali di ciascun neonato, si direbbe… è vero uomo. In questo modo il Lotto risveglia il nostro profondo, invitando a fermarsi davanti alla capanna perchè quello è il mistero di Dio che si è fatto uomo. Non possiamo più ritrarci, siamo entrati anche noi nell’evento, siamo entrati nel mondo della famiglia di Nazareth.
Ecco il Figlio dell’Altissimo, nudo e deposto sopra un cesto di paglia. Lì, per terra, a significare che è proprio venuto in questo mondo. La terra, che è madre perché nutre e veste la nostra permanenza, ora sostiene e mostra il senso ultimo della vita. L’incarnazione è una nascita in questo mondo e un’esistenza trascorsa su questa terra.
Il crocefisso
La “sacra conversazione” nei pressi della capanna vibra animata da una luce che gioca a illuminare una serie di particolari, per niente casuali: il crocifisso appeso alla parete di sinistra, gli angeli, la scala, le tortore, l’asino e il bue in lontananza, quasi impercettibili, e la pialla o trappola per topi o semplice pezzo di legno da incastro nell’angolo a destra. Stupisce e balza immediatamente all’occhio il crocifisso. Perché? Lotto opera un doppio gioco di significati. Da un lato è attento alla descrizione di una stalla con i simboli religiosi della nostra fede appesi alle pareti; dall’altro il pittore diviene fine teologo ed adombra nel mistero della nascita il mistero della croce. Questa contemporaneità ci mostra come la Natività di Lotto non cede ad un certo sentimentalismo tipico del Natale ma ci presenta la verità della rivelazione evangelica. Cristo nasce con il destino di annunciare la salvezza sconfiggendo la morte sul Calvario. L’uomo di fede quando è davanti alla culla riflette e gusta la gioia della venuta del Salvatore, ma deve anche sapere che l’annuncio verrà chiarito nei suoi contenuti e sarà ripetuto dall’alto della croce, «scandalo per i Giudei e follia per i pagani», come ricorda Paolo nella Prima lettera ai Corinzi. Una nascita porta sempre con se un disegno: quello di Cristo è chiaro, non nasconde nulla, anzi, meditandolo sarà più facile comprendere anche il nostro.
Incarnazione: il destino entra nella storia!
Davanti a Lotto tutto diventa più chiaro. Le intuizioni del pensiero sembrano prendere forma umana. Il cristianesimo entra nella storia dell’uomo e la scompagina. L’attesa cede il passo ad un rapporto concreto. «Non vi chiamo più servi perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi».
L’incarnazione ci appare per quello che è: un bambino che si stringe alla madre e che si muove sulla nuda terra. Piange, sbatte le palpebre e le labbra disegnano il linguaggio di ogni neonato. Quei movimenti esprimono tenerezza, risvegliando in ciascuno i sentimenti più profondi d’affetto e di gioia.
La natività offre ai nostri occhi l’umanità di Dio. È la misericordia che lo spinge a tanto. Il Padre decide di inviare sulla terra Gesù.
Dio si presenta come un bambino, un essere indifeso che chiede di essere vestito, preso tra le braccia, allattato, aiutato a crescere. Ogni bambino vuole crescere, è nato per crescere. Chi accoglie Cristo incontra una vita che cerca spazio per diventare grande con lui e in lui. Lo sguardo che si posa sulla mangiatoia scopre tanto affetto e avverte una domanda: che quei giorni di festa diventino la Festa dell’intera esistenza.
La teologia estetica di Lotto mostra, come pochi discorsi riescono a fare con altrettanta efficacia, la rivoluzione antropologica avvenuta quel giorno. La storia dell’umanità cambia. Un discrimine divide il tempo: ora che il mondo ha ospitato il Dio fatto uomo, nessuno potrà più ritrarsi. L’attesa è terminata, d’ora in poi si sarà con Cristo o lontani da Cristo.
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