Come tanti cristiani frequento la parola, frequento anche i sacramenti, frequento la carità verso i poveri. si, frequento il mondo della fede, del rito. Io di più ancora sento questo dovere di frequentazioni di fede, perché con questa questione di essere prete mi sento come doppiamente chiamato a tali frequentazioni di parola, di riti, di sacramenti e di carità. Ma queste frequentazioni così assidue rischiano a volte di far perdere l’unica cosa vera che conta di tutta la vicenda cristiana. Frequento, ma non cambio, frequento ma non sono profezia. Dove sei finita profezia della pace. io mi adeguo abbastanza e con questo mio adeguarmi alla fine perdo la forza della profezia, della vicenda cristiana come alternativa al mondo della normalità. Dove sta il fuoco che arde? dove sta la parola che scalda il cuore? Dove sta quella vita che cambia le prospettive, che cambia la mentalità? Si sono un ingenuo, sono molto ingenuo e le mie parole non hanno nessun peso specifico per spostare anche solo di un soffio le sorti della vita di chi soffre. Sono altre le persone che contano, che fanno la differenza, forse sono tutte quelle persone che frequentano parola, riti e altro ancora, che ammaliano dicendo di salvaguardare la tradizione e la vicenda cristiana, ma alla fine non cambia nulla della vita cristiana. Sono questi che vengono ammirati. Io rimango un ingenuo e alla fine camminerò nella mia ingenuità. Chissà se questa frequentazione con l’ingenuità della vita mi permetterà di frequentare la parola per costruire la pace; chissà se questa ingenuità della vita mi permetterà di frequentare il rito per renderlo il luogo dove si può portare dentro tutta la vita di tutto il mondo. Chissà se questa ingenuità della vita mi permetterà di vivere la carità non come sovraumano impegno, ma come con-partecipazione al dolore del mondo. Chissà se l’ingenuità della mia vita alla fine diventerà non frequentazione vuota, ma pienezza di vita.