Frastuoni di ospitalità. Mi sembra così il mondo di oggi. Non un tavolo di ospitalità, ma frastuoni di ospitalità. Deduco questa mia non certezza, ma almeno supposizione, da una serie di fatti che forse in qualche modo sono legati tra loro. il più semplice è questo: ho bisogno di tempo per me. E qui dentro ci infiliamo tutta una serie di considerazioni dalle più nobili, alle più scontate. Gesù si prendeva del tempo per sé, ma appena la folla lo ritrovava dopo averlo cercato si rendeva disponibile. Il suo non era un frastuono di ospitalità, ma un luogo di ospitalità, un sereno luogo di ospitalità. Una seconda questione è legata al fatto che io per creare ospitalità non cerco il silenzio, ma il rumore. Più rumore c’è, più penso che ci sia ospitalità, ma questa non è ospitalità, ma frastuono di ospitalità. San Paolo scrive: “Non dimenticate l’ospitalità poiché per essa alcuni ospitarono angeli senza saperlo” qui non si tratta di angeli alati, ma di messaggeri che ospitati lasciano un messaggio. Questi messaggeri vanno ospitati su una tavola, senza frastuoni e rumori, vanno ospitati nel silenzio e quando questi messaggeri se ne vanno lasciano come un messaggio che va accolto senza frastuoni e rumori. Ma soprattutto questi messaggeri di messaggi devono trovare spazio nel cuore, nel profondo del cuore e se il mio cuore è pieno di tanti rumori e frastuoni come posso ascoltare, ricevere il dono di un buon messaggio? Sono pieno dei miei frastuoni e non ho accolto l’ospite che parla al mio cuore. gli altri sono pieni dei loro frastuoni e non ascoltano l’ospite che arriva e che chiede ospitalità del cuore. mi dicono che si deve tenere la giusta distanza per non farsi coinvolgere troppo. Mi dicono così, ma non ci credo molto, perché vedo che poi uno quando vuole farsi coinvolgere si lascia coinvolgere. Forse accogliere l’ospite è essere non a giusta distanza ma una vicinanza giusta per ascoltare un grido di dolore, un’invocazione, un grido. Forse serve un’ospitalità non frastuono, ma silenziosa e accolgliente.