efficace

di | 31 Ottobre 2023

Torniamo al nostro imprevisto; credo che una delle questioni legate all’imprevisto che si pone sul cammino della nostra vita è quella di perdere un’occasione. Troppe volte pensiamo che se lasciamo correre un po’ il tempo poi tutto torna come prima. Non voglio tornare sulla faccenda covid che è stata un tempo drammatico, un imprevisto doloroso e tempestoso, come gli uragani di acqua di questi giorni, o forse di più ancora. Ma l’impressione che ho è che passato l’imprevisto drammatico, abbiamo lasciato trascorrere un po’ di tempo e poi ci siamo detti: tutto torna come prima. Che poi non è vero. Perché un imprevisto lascia sempre un segno. Il problema è tutto qui: quando arriva l’imprevisto perdiamo un’occasione o ne approfittiamo? Se partiamo dall’idea che ogni uomo e donna hanno in sé la capacità di rinnovare il mondo, o almeno il mondo che sta attorno a loro, dobbiamo avere il coraggio, quando arriva l’imprevisto di giocare una nuova partita della vita, partendo proprio da uomini e donne che portano novità di bene e di giustizia. Ogni vita può generare altra vita, a maggior ragione quando arriva l’imprevisto; si tratta di lasciare che si crei qualcosa di nuovo, di innovativo. Si tratta di lasciar scorrere la vita proprio a partire da un imprevisto. Quando arriva l’imprevisto il solito rito, la solita maniera di fare, la solita liturgia della vita e delle cose non bastano più. Dobbiamo rischiare una nuova via di arrampicata, un nuovo percorso da inventare. Nuova vita, nuova liturgia, nuovo rito che rilancia oltre l’imprevisto. Per non azzardare di cadere in questa nuova arrampicata servono due caratteristiche: non camminare mai da soli, comunità da sole, chiesa da sola, società in solitaria, ma insieme. e la seconda questione è quella di una parola che va di moda in questo tempo: sinodalità. Che non deve essere una moda, ma la prassi comune. Certo una sinodalità autentica e non di facciata.

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