E alla fine di tutti questi paradossi e di questi opposti un po’ strani? Alla fine del racconto di questi elementi dell’orto e del loro contrario che cosa mi rimane? Non lo so bene neanche io. Non ho la pretesa di insegnare niente, scrivo perché vedo e nel vedere cose provo a capire e poi mi piace narrarle. È come l’orto che rimane lì, con le sue contraddizioni e i suoi opposti; tra l’altro metà di queste contraddizioni sono create dall’uomo e quindi dovremmo chiedere all’uomo che cosa ne pensa di tutte le contraddizioni e i paradossi che ha creato. Ma l’uomo così preso nella sua corsa che è ricominciata dopo la quasi fine del covid non si ferma a pensare ai paradossi che ha creato, alle grandi contraddizioni che ha messa in atto. L’uomo preso dalla sua corsa non ha tempo di fare come fa il vangelo che è capace di tenere insieme contraddizioni e opposti. Il vangelo riesce a fare tutto questo perché si ferma e pensa. E allora trova il modo di tenere insieme gli opposti. L’insegnamento che mi arriva dall’orto è proprio questo: lascia crescere gli opposti, non opporti con i principi teorici della ragione oppure con le regole che imbrigliano tutto e tutti. Lascia che le contraddizioni egli opposti possano crescere insieme nel tuo cuore, lascia che le contraddizioni e gli opposti possano trova casa nel tuo cuore, possano in qualche modo convivere insieme. Trova il tempo per camminare tra gli opposti e le contraddizione e intanto che cammini inventa quell’operazione che si chiama pensare. Pensare non nel senso di dare risposte certe, non nel senso di trovare soluzioni al tutto; pensare tra contraddizioni e opposti, pensare per capire come unire tutti quegli elementi lontani e opposti tra loro. Non ho mai risolto le contraddizioni che ci sono in me, ho sempre pensato che era importante tenerle ben strette nel mio cuore e camminare ogni giorno per dare forma e soluzione alle contraddizioni e agli opposti.