Avevo cercato quando ero giovane di scrivere poesie. Mi resi conto subito che non era un genere letterario in cui brillavo. Non sapevo mettere insieme un verso che era un verso. Mi sembravano più prediche che poesie. E quindi ho rinunciato subito. Per la verità non me la cavo nemmeno con lo scritto, con la narrazione. Parole buttate lì, nell’attesa che prendano una forma. E così guardo il foglio oppure la pagina di word davanti ad un computer e spero che ne venga fuori qualcosa di sensato. Non ho l’arte della scrittura poetica e nemmeno di quella narrativa, viaggio tra le parole e scrivo pensieri. Eppure mi rendo conto che nella parola sacra i doni più belli sono poesie. Le parole più accattivanti sono liriche poetiche ed in queste liriche poetiche emerge tutto il bello e la grandezza della parola sacra. Narrazioni che diventano poesia. leggo su un libro di una cosa che mi colpisce molto. Mosè è conosciuto come colui che non sa parlare bene, qualcuno dice che è balbuziente. Eccolo il testo in cui Mosè si dichiara incapace di parlare: “Mosè disse al Signore: “Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua“. E fino a qui tutti conosciamo la storia: Mosè era impacciato di parola. Lui stesso lo dichiara. come io sono impacciato di parola. Ma alla fine della sua vita, quando il popolo sta per entrare nella terra promessa Mosè benedice il suo popolo con una preghiera lunghissima di cui riporto 2 versetti: Allora dirà: «Dove sono i loro dèi, la roccia in cui cercavano rifugio, quelli che mangiavano il grasso dei loro sacrifici,che bevevano il vino delle loro libagioni? Sorgano ora e vi soccorrano, siano il riparo per voi! Ora vedete che io, io lo sono e nessun altro è dio accanto a me. (dt 32) Cosa è successo al Mosè balbuziente, dove ha imparato l’arte della parola, della poesia? Io rispondo così: la vicinanza al Signore lo ha reso capace di annunciare la parola sacra, di cantare le sue lodi. Lui che vedeva il volto del Signore ha imparato a cantare le sue lodi. Mosè diventa capace di usare il dono della poesia, della lirica. La sua parola si fa dono che ammira, esulta, si lamenta, protesta, loda e invoca, ringrazia, esprime saggezza o insegna. Qui non si tratta più di essere grandi poeti, ma di usare la parola come narrazione poetica della vita, del divino, della bellezza e del dolore. Non sono un grande narratore, ma vorrei narrare della vita come poesia; non sono un grande poeta, ma vorrei donare parole che sono poesia, musica, lode e rabbia. Come Mosè, colui che faceva fatica con le parole, ma che alla fine canta e benedice con parole poetiche.