In questi giorni il clima non è dei migliori. Questi temporali ci stanno rovinando la fioritura del castagno e di conseguenza niente miele di castagno. Forse… Però il ragionamento non fila via bene così. Io penso solo al mio guadagno. Sarà anche poco il mio guadagno, ma ci sta anche quello. Non so guardare al noi, ma al mio. Il clima non è mio, ma nostro. Quando ero ragazzo i miei genitori mi avevano regalato un libro. Almeno su questo riuscivamo a trovarci d’accordo: i miei genitori volevano che io leggessi, e a me piaceva leggere, quindi perfetto accordo. Il libro che mi avevano regalato parlava di clima. Pensate un libro sull’ecologia di circa 40 anni fa. E parlava già di emergenza del clima. La cosa che mi aveva colpito, me lo ricordo ancora, era una pagina tutta colorata dove animali, persone, piante, fiori e cielo e stelle erano tutte collegate tra di loro. Una non poteva fare a meno dell’altra. Non c’è il clima di Bergamo, e poi quello della Bolivia e poi ancora quello dell’America. Sono tanti micro climi legati tra di loro. Questa è la grande meraviglia del clima. Quello che succede da noi per quanto riguarda il clima è legato con quello che succede dall’altra parte del mondo. E poi non c’è soltanto il clima ambientale, vi è il clima nei rapporti sociali, il clima degli stati d’animo. Il clima è come un’atmosfera che riveste tutto il nostro esistere, la nostra vita. C’è un clima felice, un clima di sconforto, un clima positivo e negativo, uno sereno e uno tempestoso, un clima fertile e uno improduttivo, un clima pacifico e uno polemico, un clima di sfiducia e uno di certezza. Tante cose ci parlano e si possono collegare al clima. Quindi la prima cosa importante è riuscire a tenere insieme tutti questi aspetti del clima, è come se dovessimo imparare a tessere una tela di mille fili diversi, ma che compongono quel grande tessuto che è la vita e il creato. Tessere nel miglior modo possibile, tenendo conto che ogni filo, ogni clima ha una sua importanza, un suo valore. Questo concetto di un clima tutto legato insieme mi porta a fare un’altra riflessione. Io credo che il clima e i suoi cambiamenti oggi sono anche una questione sociale. In un mondo in cui la grande maggioranza della popolazione si impoverisce e perde diritti, la crisi climatica non fa che acuire le disparità, perché solo le fasce più ricche sono in grado di proteggersi dai suoi effetti, anche se non in modo definitivo. Per questo motivo, giustizia climatica e giustizia sociale devono compenetrarsi. Pretendere un cambiamento del sistema produttivo e di consumo che vada di pari passo con una reale giustizia che distribuisce i beni verso tutti, soprattutto verso i poveri, comporta una rivoluzione a livello globale che investe l’operato delle grandi multinazionali e dei gruppi finanziari sovranazionali – controllati da un numero infimo di persone che perseverano nel far crescere vertiginosamente i propri profitti ignorando la catastrofe ambientale o addirittura trasformandola in un’occasione di ulteriore povertà. Chissà quando riusciremo a cambiare, a comprendere il clima sociale, umano e della terra.