Ho un problema, mi affanno per risolverlo. Giusto diciamo noi. Ho usato di proposito la parola affanno, perché alla fine diventa come un affanno della vita. Oggi usiamo un’espressione che ha un gusto diverso: problem solving, risolvere il problema. Può essere un problema personale, un problema di famiglie, di pastorale, di associazione. In se la questione è giusta, un problema lo devo risolvere e devo darmi da fare io per risolvere la mia questione, noi per la nostra questione. Non posso buttare addosso ad altri la questione. Non posso aspettare un messia che mi risolva il mio problema. E così mi affanno, ma generalmente non arrivo a grandi soluzioni, e anche quando mi sembra di aver trovato soluzioni mie, non sono sempre soddisfatto perché sono soluzioni mie. Leggendo nei salmi trovo scritto: se il Signore non costruisce la casa invano faticano i costruttori, se il Signore non vigila sulla città invano veglia la sentinella. Traducono in questo modo: forse prima di tentare di affannarmi a risolvere io il problema, io sono chiamato ad invocare il Signore perché edifichi con me la casa. Attenzione ho detto prima, non dopo. Io insieme con il Signore, io insieme con altri. Il cuore del problema per la parola sacra non è immediatamente risolvere il problema, ma mettermi in contatto con chi costruisce la casa, la vita; mettermi in contatto per invocare aiuto e risolvere insieme il problema. E per chi non crede? Invocare un noi per darsi da fare insieme. Credo che l’efficacia di una soluzione risiede prima di tutto nell’efficacia di un ascolto, di un intimità tra io noi e Dio; prima insieme invochiamo l’aiuto di Dio e ci invochiamo aiuto vicendevole, poi vediamo che cosa fare e come risolvere la questione. La sequenza giusta allora è: problema, invocazione al Signore, ricerca di un noi e insieme soluzione del problema