Esisteva una volta la famosa teologia della liberazione nata in America latina. Leggevo i testi, raccoglievo pensieri e idee, ne discutevo con amici e non solo. Con qualcuno ci si trovava d’accordo, con qualcuno no. So per certo che discutevo. E so per certo che cercavo di capire bene per portare argomenti a suo favore. Gli autori di questi testi mi piacevano: Gutierrez, frei Betto, Leonardo Boff, Sobrino, e poi qualche vescovo: Camara, Carlo belo, fernando Mendez. Ho trovato anche un italiano, ma che viveva in America latina: Arturo Paoli. Si è vero mi piaceva leggere i loro testi. Mi davano un po’ di speranza, mi davano prospettive, idee concrete. Poi un po’ alla volta, come tante altre cose, tutto è stato “normalizzato”. Come chiusa un’epoca. Eppure in quei testi, in quelle persone, in quelle comunità di base si leggeva la storia alla luce della parola di Dio, cercando continuamente vie di liberazione contro ogni forma di male e di ingiustizia. Al di là di tutte le questioni sottolineo due aspetti per me fondamentali. Un metodo: l’analisi della storia, del tempo presente, il confronto con la parola di Dio che dice qualcosa di serio sulla storia offrendo cammini di liberazione, e poi un agire dentro la storia alla luce del vangelo, della parola di Dio. e la seconda cosa che mi affascinava era che tutto questo veniva fatto a partire dalla comunità, le famose comunità di base. Era con il popolo di Dio che si analizzava, si giudicava e si agiva alla luce del vangelo. Il vero protagonista della teologia della liberazione non era il teologo, il libro di testo, ma tutto il popolo di Dio. Piccolo momento nostalgico che però ha segnato la mia vita.
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