bucaneve

di | 3 Marzo 2021

Sono rimasto incerto sul bucaneve perché non sta nel nostro orto, ma sul Canto basso. Almeno così dicono gli amici che mi hanno inviato la foto proprio dal canto basso. Però avevo detto di voler narrare  storie dell’orto e dintorni e siccome il Canto Basso non è proprio lontano dall’orto, ecco il bucaneve.  Mi era stato regalato alcuni anni fa un libro dal titolo: in margine a un testo implicito di Nicolas Gomez Davila. È stata una lettura impegnativa ma interessante. I miei pensieri non hanno la pretesa di somigliare a quei pensieri così profondi che ho rintracciato in quel libro; a me interessa solo quel marginale e quell’implicito. Marginale, perché le storie del mio orto e dintorni sono marginali, al lato estremo dei grandi orti, delle grande esperienze. Sono piccoli orti marginali, sono piccole storie marginali. E non voglio che diventino grandi storie. I mei orti raccolgono il margine della vita. Quando scrivo  cerco di trasformare  queste storie fragili che vivo ogni giorno nell’orto, in segni di speranza. E così mi sono ritrovato a stare ai margini e ad imparare a guardare a quel lato della strada dove vi è sempre un malcapitato assalito dai briganti, mi sono come ritrovato ad amare ciò che sta ai bordi della vita. E poi c’è quell’implicito. Io qui per implicito intendo questa cosa: è implicito, è chiaro quello che non so fare riguardo a chi sta ai margini. È implicito ed evidente che sono come impotente di fronte a chi sta al margine della vita. E allora narro storie perché queste storie mi aiutano a stare in quello spazio marginale, e a rimanerci con la mia fragilità. È come il bucaneve che sta lì ai margini delle radure, dove è appena sparita la neve e dove l’erba è ancora tutta schiacciata dalla neve appena scomparsa. Sta lì ai margini, prende un po’ di sole e buca la neve e fiorisce anche se sta ai margini della radura. Sa anche resistere al freddo della notte. So che il bucaneve è chiamato anche stella del mattino perché è il primo fiore che sbuca in mezzo alla neve, come una stella apre i suoi petali e inonda la radura nascosta di un bellissimo colore bianco.  Se non sto attento quando cammino al lato del bosco finisco per schiacciare il bucaneve. In genere chi sta ai margini della vita non fa grande rumore e così è facile da schiacciare. Eppure il bucaneve mi mette allegria, mi dice che per chi è ai margini dell’orto ci può essere una speranza, una primavera. Devo solo stare attento a non schiacciare con la mia prepotenza il fragile bucaneve, il fragile amico. È un compito anche questo. Quello di prendersi cura della fragilità altrui. E l’orto di Rosciano è il segno esteriore di una passione che nasce dal cuore. Provate a fare un giro a Rosciano e vi accorgerete che lì vi è un orto marginale e un’ implicita e chiara fragilità che va amata. Attenzione la fragilità non è di qualcuno, ma di tutti noi, compreso il sottoscritto.

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