armata brancaleone

di | 28 Maggio 2020

Passano per Rosciano degli amici e trovano me e Chiara con la tuta per le api, l’attrezzatura per prendere le api sciamate e una vecchia scopa. Ci hanno definiti in modo benevolo un’armata Brancaleone. Lascerei perdere tutte le questioni storiche di questo Brancaleone da Norcia. Lascerei perdere anche commenti ai vari film che narrano le vicende di questo uomo e della sua strampalata armata, soprattutto quelli del regista Monicelli. Vorrei invece dichiarare che noi qui alla cooperativa ci sentiamo un po’ armata Brancaleone. Non nel senso che viene attribuito normalmente a questa espressione, cioè non nel senso di un gruppo di persone disorganizzate, un po’ maldestre, che si sono messe insieme senza avere coscienza di quanto devono fare e senza un progetto, un’idea, un pensiero. No, in questo senso non piace pensarmi e pensarci armata Brancaleone, noi non siamo così e credo, anzi ne sono certo, che nemmeno gli amici che sono passati per Rosciano quando hanno detto quella frase, non hanno sicuramente pensato ad una armata Brancaleone di questo tipo. Ho trovato nel film di Monicelli una frase che dice: Lungo è il cammino, ma grande la meta. E poi ancora aggiunge: senza paura, senza armatura, senza denari, senza mappa e senza pane. Noi siamo così: abbiamo una meta, ma il viaggio è molto lungo. Non abbiamo grandi risorse, ma abbiamo un sacco di buona volontà. Abbiamo poche idee e quelle poche le abbiamo prese in prestito da alcuni amici. Vedo in tutto questo un segno del futuro. Fino a qualche anno fa inseguivo quell’idea di programmare, di progettare, di verificare. I famosi progetti pastorali e non solo. Progetti che dovevano essere sempre innovativi, coinvolgenti, che fanno rete, che hanno obiettivi, che hanno un metodo innovativo. Se ci mettevo anche delle parole in inglese, magari quel progetto riceveva tutta l’attenzione possibile. Oggi preferisco essere più vero, più quotidiano. Perché è il quotidiano che rende vero l’incontro con i ragazzi, è il quotidiano che rende vero un orto, è il quotidiano che rende vero un progetto. Oggi ho scritto un semplice progetto: essere con… con il creato, con gli uomini e donne, con la natura. Esserci. parola presa in prestito da filosofi come heiddeger. Senza grandi risorse stiamo imparando a riciclare, a riutilizzare, a inventare modi per risolvere i problemi senza dover sempre dire, devo comprare questo e quello, senza risorse siamo diventati inventivi, forse innovativi? Ma soprattutto senza grandi risorse stiamo imparando a riconoscere che tanti ci vogliono bene. Quando vengono a trovarci e vedono che ci siamo, quando ci portano regali, del cibo, una pompa per la raccolta dell’acqua, una riparazione che non siamo capaci di fare, un po’ di tempo donato, quando, mentre stai scrivendo queste righe, un amico ti chiama e ti chiede come va. Esserci è il mio progetto da armata Brancaleone. E forse vorrei esserci anche con Dio Padre. Chiedo intimità e vicinanza con Lui e con il creato. Ma per fare questo c’è una condizione fondamentale: rimanere piccoli. Piccoli di numero, piccoli nei progetti, che si fanno solo se possiamo curarli. Ma soprattutto piccoli nel senso evangelico: cioè come bambini affidati perché da solo non ce la posso fare. Bellissimo il salmo 130 che dice:  Orgoglio non gonfia il mio cuore,  superbia non turba il mio sguardo, non vado in cerca di gloria, di grandi imprese, Signore. Tranquillo e sereno mi sento, un bimbo in braccio a sua madre, un bimbo svezzato è il mio cuore: in Dio speri sempre Israele! Ho preso la traduzione di Turoldo perché mi sembrava più bella. Ecco così mi piace pensarmi armata Brancaleone.

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