Ieri mattina Massimo guarda la nostra lavagna e ci vede scritto ancora: La bellezza salverà il mondo e mi dice: non cambi pensiero oggi? Io rispondo prova a scriverne uno tu e lui scrive: io sono nessuno. Non mi dilungo sella questione di Ulisse e di quel io sono nessuno. A tavola chiedo a ciascuno di parlare di quel io sono nessuno. Ecco le risposte. Io sono niente, io non valgo niente, io sono proprio nessuno, io non esisto, io non lo so. Il mio buon risotto ai broccoli rimane perplesso di fronte a simili risposte e io con lui. Possibile di sentirsi proprio e solo così nessuno e niente? La mia prima reazione è stata quella di fare una bella predica sul sentirsi qualcuno, sull’essere adeguati, sul fatto che valiamo qualcosa. ho capito che era meglio fermarmi ad ascoltare. Però uno dei ragazzi mi ferma e mi dice e tu? Io mi sento me stesso. Si ma cosa vuol dire, rimanda lui. Che sto bene con me stesso dico io. capisco che le mie parole non cambiano minimamente quel io sono nessuno. E, finale del dialogo a tavola: io non so chi sono e che cosa scegliere. È come quando gioco a briscola chiamata, guardo le carte, scruto gli avversari cercando il mio compagno e so che alla fine devo gettare una carta; a volte tiro la carta con la certezza di prendere dal mazzo quella giusta, altre volte mi sento così incerto che ci provo, a volte tiro a caso non sapendo cosa fare. io sono nessuno è quella grande fatica di dipanare la mia esistenza. proprio perché ritengo che la mia vita ormai è abbastanza dipanata e chiara, è come se sentissi il bisogno di aiutare altri a dipanare la matassa della loro vita. al riguardo ho smesso di fare prediche, ho smesso anche di proporre percorsi strutturati di cammini spirituali, del tipo una volata al mese vieni che ne parliamo. Cerco invece di afferrare quei minimi momenti in cui si può ascoltare con calma e dire se è il caso la mia. certo che se ci penso è davvero drammatico sentirsi nessuno, niente. Che cosa posso fare io di fronte a questo nessuno. Ulisse aveva utilizzato lo stratagemma del nome nessuno per salvarsi dai ciclopi. mi sembra invece che il problema è proprio quello di non sapere dove siamo, si tratta di un nessuno esistenziale. E così quando siamo dentro questo nessuno esistenziale anche il tempo che viviamo può diventare nessuno, un tempo che scorre senza sapere dove si andrà a finire. Mi viene la voglia di scrivere che non si può vivere così, che esiste un senso alla vita e al tempo, che non sono nessuno, ma qualcuno. Ma scrivere queste cose è solo cantarla a me stesso. Non serve all’altro. Ai ragazzi seduti alla nostra tavola vorrei semplicemente far vedere un modo diverso di affrontare la vita. ma lo posso fare mettendo in gioco la mia stessa vita. posso essere credibile nei confronti dell’altro solo se la mia vita è qualcuno e se il mio tempo vissuto in pienezza.
Pienezza, coerenza, onestà con se stessi, accettazione della fragilità, possono cambiare qualcosa, qualcuno? Possono aprire speranze, porticine sulla luce e sulla percezione che ho di me stesso? Affinché io non veda più un “nessuno” ma un “qualcuno”. Nella vita credo che atutti sia capitato di incontrare” persone -faro”, guide, angeli, chiamiamoli come vogliamo. Persone speciali che ci hanno aperto una porticina, che ci hanno illuminato, riscaldato il cuore, dato uno sguardo diverso, alle quali siamo grate perché ci hanno visto, non solo guardato, ci hanno ascoltato, ci hanno raccolto nei mille pezzetti in cui eravamo frammentati fino all’invisibilità… E se ci hanno visto è perché non eravamo un “nessuno”, ma qualcuno. Allora, il tuo risotto al centro di un tavolo può essere ricordato come il nutrimento anche per quella luce con cui hai scaldato un cuore, accarezzato un’anima, guardato e visto una vita, raccolto e rimesso insieme pezzi di vite che hanno senso e valore, perché appartengono a QUALCUNO…
Che il Signore sia con voi in questo difficile cammino di condivisione di vite e di fragilità, ripetendo incessantemente quel “coraggio, sono io, non abbiate paura” del Vangelo di oggi, perché è sicuro che Lui è lì in mezzo a voi e alle vostre fatiche, nella vostra quotidianità.
E che quei ragazzi possano arrivare a sentire che c’è Qualcuno nel loro niente e nel loro sentirsi nessuno (Dio abita il nostro niente se noi Glielo permettiamo); anche per questo bisogna mettersi e rimanere un in cammino…
… penso che ogni volta che qualcuno ci dice un grazie con il cuore è un riconoscimento implicito a noi come un “qualcuno” importante per lui e ricarica il nostro serbatoio di autostima che ci aiuta poi nei momenti più difficili … e penso che tu di grazie ne meriti tanti! … E meriti anche ti prenderti ogni tanto degli spazi tutti per te …