La vecchia fresa dell’Agro, la mitica Goldoni, ha fatto il suo dovere ancora una volta. Il Walter mi prendeva in giro in modo simpatico perché io la facevo partire al decimo colpo. Oggi Mounir ci è riuscito al primo colpo. Abbiamo predisposto dei pezzi nuovi di terra che serviranno per il nostro orto produttivo. È stato un bel movimento di persone e di rumori, altro che silenzio. Le balze su cui lavoriamo sono un poco in pendenza e quindi è facile che la mitica Goldoni scivoli verso il basso. Questo vuol dire tenerla in più persone e così aumenta il traffico, il rumore. Ma alla fine ci siamo riusciti. Adesso verrà messo il letame e poi preparati tutti gli spazi dove piantare i bulbi delle cipolle, aglio e scalogno e poi attendiamo. Dicono che è una buona terra, anche se è da parecchi anni che non viene lavorata. Finito il tutto, me ne sono tornato da solo a vedere la terra fresata e rivoltata. Ho guardato i tagli, il rivoltamento della terra e mi sono sembrate come delle ferite su un corpo vivo. Noi passiamo sopra la terra con tutti i nostri attrezzi, e facciamo bene, ma chissà cosa pensa madre terra in quel momento. Ci passiamo sopra e per noi è tutto normale. Come a volte passiamo sopra l’uomo, la vita, il mondo. Vorrei chiedere scusa a madre terra. Noi ci lavoriamo sopra, un po’ anche ci divertiamo. Ma lei cosa percepisce? Attenzione non voglio entrare in quella filosofia e in quel mondo di idee perché cui sembra che la terra diventi quasi una divinità. Essa è solo riflesso della divinità. Ma l’idea che lei sente, mi aiuta ad approfondire il mio pensiero. Immedesimarmi in madre terra mi è difficile. Perché vuol dire sentire le ferite di madre terra e credo che oggi tali ferite non sono poche. Ecco dove vuole arrivare il mio pensiero. Ferite per le distruzioni, ferite per la guerra, ferite e solchi per lo sfruttamento, ferite e solchi per l’inquinamento. Guardo i solchi che abbiamo fatto oggi con la mitica Goldoni e mi sembra che sono solchi delicati rispetto alle distruzioni che il mondo ha inferto a madre terra. Però un esercizio l’ho voluto fare. non so che tipo di esercizio è. Ma ci ho provato. Sono entrato nei solchi e li ho percorsi avanti e indietro. Uno per uno. Quando arrivavo in fondo al solco, prima di girarmi, chiedevo scusa per la ferita fatta; mi giravo tornavo indietro e in fondo al solco dicevo grazie per i buoni frutti che la terra da quella ferita ci donerà in un atto di grande e unica generosità. Avanti e indietro, grazie e scusa. Come in un rosario antico ripetuto all’infinito. Mi direte che ho buon tempo, può darsi, ma non voglio solo fare delle cose, progettare e costruire, voglio imparare a contemplare e percepire quello che faccio. È chiaro che questa non è una preghiera… o forse sì, credo che è anche preghiera. Sicuramente è il mio modo di riconoscere che il Dio creatore ha fatto tutto in maniera bella e noi dobbiamo stare molto attenti a quello che facciamo a madre terra e a come la trattiamo. Sono sicuro che quella parola grazie e quella parola scusa, ripetute all’infinito come in un rosario su quel pezzo di terra fresata dalla mitica Goldoni, alla fine produrranno frutti buoni, perché madre terra sa essere grata e donatrice di tanti frutti, se l’uomo rispetta e cura con amorevolezza le sue ferite.
Carissimo, sono sempre belle le tue riflessioni specie per noi che abbiamo un orto. Ci siamo permessi di ampliare il pubblico di lettori a nostra figlia e a due nostre care amiche Conley quali ci troviamo da anni nelle nostre case a riflettere la parola. Avrei dovuto chiedere a te prima, ma conoscendo la tua umiltà abbiamo preferito chiedere alla nostra coscienza che ci ha detto che le tue parole sarebbero state fecondo riposti in cuori accoglienti e attenti. Grazie e scusa.