Ci siamo trovati la sera con alcuni amici e abbiamo cenato molto bene e poi parlato di un sacco di cose serie e di cose simpatiche. Se l’ultima volta ho parlato della fatica del fare comunità, oggi parlo della bellezza del fare comunità. non è che la bellezza di fare comunità nasce anche dal coltivare l’amicizia tra di noi? Mi ha come folgorato una cosa, un’idea che ho sentito dire e che condivido pienamente. In un contesto in cui si parlava di comunità e di futuro si è anche detto che dobbiamo riscoprire l’amicizia che fa la comunità. posso dirlo in un altro modo ancora: fare comunità richiede anche di riscoprire l’amicizia tra le persone. Non credo che possa esistere la possibilità di essere chiesa senza essere amici, non credo che si possa in qualche modo essere responsabili della cosa pubblica senza coltivare questo sentimento di amicizia. Certo questo non basta sicuramente per organizzare, per fare, per agire, ma far una squadra di amici è meglio che lavorare in un gruppo semi anonimo. E poi io intendo con questa idea di comunità che porta con se anche il tono dell’amicizia, anche la possibilità che la comunità stessa possa aiutare a vivere a creare a strutturare momenti di amicizia fraterna. Nella nostra mentalità siamo così efficienti che la prima cosa che ci viene in mente è questa: che bella cosa una comunità che vive momenti amicali, momenti di amicizia e allora pensiamo a cosa organizzare per vivere momenti di amicizia. Ovviamente momenti strutturati su orari, calendari che non si sovrappongono, tempi, spazi, magari riempiti con alcune cose da fare. Ritengo che il problema non è questo. Usciamo per un attimo da questa logica organizzativa e pensiamo che l’amicizia è strutturale all’uomo, è un suo modo non di organizzare, ma di essere e quindi il vero problema è essere amici, non fare cose per essere amici. Questo è il tema grosso: ma siamo amici tra di noi quando lavoriamo alla costruzione della comunità? non dico che dobbiamo essere amici allo stesso modo con tutti, questo è impossibile, ma coltivare una relazione amicale questo sì. Questa relazione passa attraverso il saluto, il come stai, il, ti serve qualcosa? come va il lavoro e la casa? Magari potessimo incominciare un consiglio pastorale con queste domande. ed invece via con la preghiera, i documenti, la parola del parroco, gli interventi e poi la conclusione con due linee di programma e di date… possono esistere anche altri modi per fare un consiglio pastorale. Forse più amicale e ascoltante che non è meno produttivo di quello classico. Anzi forse produce di più. Applicate voi questa idea ai vostri ambiti lavorativi e amministrativi. Certo questa comunità fatta di rapporti amicali richiede la fiducia reciproca. Altro tema su cui ragionare. È proprio vero gli argomenti si aprono uno dopo l’altro. Ma della fiducia è meglio parlare con calma. Intanto fermiamoci qui.
Su questo argomento noi qui in Brasile abbiamo la fortuna di essere immerse in una cultura amicale, allegra, accogliente. Io ancora, dopo 8 anni devo imparare che quando incontro una persona, quando telefono …devo dare tempo ai saluti, al come va?, a espressioni di carinho..Invece di dire sbrigativamente: Buon giorno, telefono per questo…
Il rapporto interpersonale con sapore di amicizia fa davvero bene al cuore e al lavoro.