Vedo le immagini dell’inaugurazione della cattedrale di Notre Dame di Parigi, rimessa a nuovo dopo l’incendio. Vedo tutti i grandi della terra e mi domando se per caso in un posto così sacro che tutti ieri hanno esaltato a qualcuno di loro è venuto in mente un idea’di pace. Quale posto migliore se non la cattedrale di Parigi dedicata a Maria per farsi venire un’idea di pace. Non mi illudo troppo, magari lo spero un po’, ma poco davvero. E allora da dove posso sperare la pace? Quando la pace si allontana sempre di più, e così sembra ai nostri giorni, dobbiamo invocarla e cercarla con tutte le nostre forze. È in questi spiragli di uomini e donne del quotidiano che mi aspetto di vedere nascere la pace futura. È come una speranza che nei tempi difficili va annunciata con tutte le nostre forze nelle vicende del quotidiano. Forse uno dei grandi compiti della spiritualità di questi tempi è proprio quello di annunciare la speranza, la dove la speranza sembra essere più lontana possibile. Parlo di speranza di pace la dove l’evidenza mi dice il contrario, la dove tutto funziona in altro modo. Parlo di pace la dove l’evidenza mi dice il contrario, la dove il mondo va per un’altra strada. Ritengo anche che questa speranza non va solo annunciata, che questa pace non va solo cercata la dove l’inaudito mi dice che lì non si può cercare, ma va annunciata e cercata oggi, non domani. Non è più il tempo dell’attesa della pace, oggi è il tempo dell’annuncio della speranza, oggi è il tempo di costruire la pace, domani non c’è più tempo. noi ogni tanto diciamo: c’è tempo, c’è tempo, in realtà oggi ci rimane solo l’oggi domani è troppo tardi. Oggi è il tempo di un annuncio, oggi è il tempo della pace. Magari fuori dalla grande cattedrale e dentro le strade del mondo
Magari fuori “dalla grande cattedrale”, fuori dai “palazzi dei bottoni”, ed invece dentro di noi, tra di noi. Forse se iniziamo con gesti di pace tra di noi, nel piccolo, nel quotidiano, iniziando a non pensare solo a noi stessi, al nostro orticello interiore ed esteriore, ma aprendoci all’altro, al bene comune, con piccoli gesti di cura, magari pian piano spiragli di pace si possono generare.
Dal piccolo, dal basso. Forse. Cosa posso fare io? Io ci credo… io ci spero.