Ci sono i tempi del soffrire; sono quelli personali legati forse ad una malattia, ad una fatica , sono quelli comunitari, quando si fa fatica a comprendere come si può camminare insieme, sono quelli di una famiglia che non sa come affrontare il tempo difficile e poi vi è tutto il dolore del mondo per tutto quello che vediamo attorno a noi. La bibbia osa addirittura parlare di tempo cattivo. Anche io non sono immune al tempo della fatica e del dolore. E allora mi domando che cosa fare. Se la bibbia parla di un tempo cattivo aggiunge anche: non temere, non avere paura. Penso che non dobbiamo temere la fatica del quotidiano e fino qui ci può stare. Ma a volte la sofferenza è così grande che mi sembra che il non temere non è sufficiente. È la vita stessa che riserva questi tempi di fatica e di dolore e allora davvero bisogna essere in grado di dire a noi stessi non temere, non avere paura, la vita con le sue fatiche non ti può schiacciare. La via di uscita è solo questa: attraversare la fatica con una parola nel cuore: non temere, non avere paura. Ci sono dolori che sono incomprensibili, altri che nascono da carenze, conflitti, incomprensioni, ma vale sempre la stessa regola: attraversare quelle fatiche con la certezza del non temere. A volte io esagero la portata delle mie fatiche, le faccio diventare qualcosa di insormontabile, qualcosa che sovrasta la mia vita, fino al punto di dichiarare che non ce la faccio. Anche qui, attraversare questa sofferenza, ridurre la sua apparente forza e dire che in qualche modo voglio non temere, non avere paura. Magari anche queste fatiche sono occasioni non per dichiarare che non ce la faccio, ma dire con tutta la forza che ho dentro che possono ancora camminare, che posso vivere l’amicizia con Dio e con gli amici. Di fronte alla fatica posso dire anche questo: posso patire e dire a me stesso patisco nel nome di Cristo, cioè come ha fatto Gesù, facendo diventare dono la fatica.