Un amico mi chiede di parlare di questa parola. Non so se metterla nell’elenco delle parole stanche o di lasciarla fuori da ogni elenco. Comunque ne parlo. Lo spunto nasce dalla vicenda dei ragazzi ucraini. Parlo con alcune persone ed emerge che la parola più gettonata è probabilmente. Ecco perché ne parlo. È probabile che si fermino in Italia, oppure è probabile che debbano partire. È probabile che, oppure è probabile che. Tante ipotesi che non fanno capire. Questa parola probabilmente è diversa da probabilità che è una scienza precisa e che non conosco. Mentre la probabilità cerca di chiarire, Il probabilmente lascia tutto nel vago. Ed è questa la questione del probabilmente. Il non chiarire. Non puoi immaginare come mi arrabbio quando si lavora sul probabilmente. Il probabilmente lascia tutto nel vago. E qui io vado in difficoltà. Pensate a quei ragazzi a Rota Imagna ucraini sentire che probabilmente staranno qui, o probabilmente che torneranno a casa. Pensate che cosa possono provare nel cuore. E pensate tutte le volte che viviamo noi di questo probabilmente. Può esistere un probabilmente che è incertezza. Ma la questione va anche solo esplicitata in maniera chiara. È il probabilmente dell’adolescente che non specifica a che ora rientra e che mette in agitazione i genitori. Ma è anche il probabilmente dell’adulto che non è autentico e chiaro e che mette in difficoltà il suo interlocutore. Ed invece a volte visto che non c’è chiarezza sembra tutto un mondo nascosto da svelare. Amo la chiarezza e non il probabilmente, conosco l’incertezza della vita, ma cerco sempre di esplicitare che mi trovo in una incertezza. Amo l’autenticità della vita e il probabilmente mi dà sempre l’idea di una cosa non pulita. Allora probabilmente non è una parola stanca, ma una parola che va accompagnata sempre dall’autentica della parola e della vita