Riguardo per l’ennesima volta con un gruppo di ragazzi un pezzo del film in My country. Lo conosco quasi a memoria nelle sue battute, ma è sempre un film che a me dona tantissimo. Tra parentesi, forse una persona un gruppo non è importante perché mi piace, ma perché possono donare e ricevere doni. Ma questa è un’altra faccenda. Vedo Damiano che fresa la terra, io mi limito con Giusy a sistemare il recinto con il cavo elettrico per evitare che i caprioli ci entrino per mangiare i germogli di insalata. Ma quello che mi colpisce è la fresatura di Damiano. Un semplice pezzo di terra che lascia dentro un segno, una ferita, le mie ferite. E allora collego tutto alla poesia finale del film My country. Una terra quella del sud Africa martoriata, ferita, ma alla fine rendenta dalla volontà di rappacificazione di chi ha creduto nella giustizia dell’incontro. Ecco la poesia finale del film: “perché grazie a voi questa terra non si stende più tra noi, ma dentro di noi, respira placata dopo essere stata ferita nelle sue magnifiche viscere. Nel mio io più profondo questa terra canta e mi incendia la lingua, una nuova pelle ferita da mille storie, sono cambiata per sempre voglio dire perdono, perdono, perdono”. Anche io non passo più tra le ferite, le sento tutte dentro le ferite come quella terra. Arriverà il tempo della pace interiore. Intanto dico solo perdono per il male fatto e ricevuto. Perdono è il volto nuovo della mia terra, del mio cuore. Non ho terra, non ho casa, non ho famiglia, forse non ho nemmeno chiesa, ho un perdono tra le mani che può diventare casa, terra, famiglie. Perdono è il cammino che sta dentro questa terra e questa vicenda umana che è la mia vita. Perdono solo così potrò rilanciare il futuro di una mia terra con una nuova pelle, di un cuore di carne che fa risuonare la sinfonia dell’amore universale. Forse un giorno anche don Roberto ha donato e ricevuto perdono e questo è bastato per affrontare il sentiero impervio della malattia.