Ci sono i momenti di passaggio, di ricominciamento, di rinnovamento e mi sta bene. Ma per arrivare a tutto questo devo passare attraverso la grande fatica. Gesù ha sperimentato tutto questo nella notte del Getsemani, degli ulivi, della solitudine, della grande decisione. E le grandi decisioni si prendono da soli. Come ha fatto Gesù nell’orto degli ulivi, mentre i suoi amici dormivano e non riuscivano a vegliare una sola ora con Gesù. Ma lui ha saputo decidere e scegliere e arrivare fino in fondo. Io sono così incerto. Ma c’è un’altra storia nella parola sacra che ci conduce per la via del cuore che vive tutte le sue stanchezze. È la storia di Elia profeta che si trova a dover scappare per sfuggire dal re Acab e dalla regina Gezabele. Il testo dice così: «Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: “Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro”» L’orizzonte del cielo di Elia si incupisce: «Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi» Elia si inoltrò nel deserto e rimase solo affamato e stanco. Si sedette sotto una ginestra e gridò a Dio: prendi la mia vita perché non sono migliore dei miei padri. Tutti i grandi profeti hanno vissuto questo tempo, anche San Francesco di fronte alla sua grande crisi se ne andò solo e pieno di paure e gridò a Dio semplicemente: parlami
Così lo canta Branduardi nella laude a Francesco:
Io, straniero ai miei fratelli,
pellegrino per mia madre,
ho guardato
ma non c’era chi potesse
consolarmi…
tu conosci i miei sentieri,
ora veglia in mia difesa,
sono stato calpestato,
che il tuo aiuto
non mi manchi…
La mia voce ha gridato,
la mia voce ha supplicato,
nella polvere giacevo
ma tu hai preso la mia mano,
mio Signore!
La solitudine ha tante facce, quella cercata, quella sofferta, quella imposta dagli altri, può essere dolorosa o consolatrice, nei momenti più difficili vorremmo tutti qualcuno che ci prende per mano e ci dice ” sono qui per te, sono con te” e la grande consolazione della fede é questa, sapere che Dio é un Padre che non ci lascia mai, non ha qualcosa di meglio da fare che stare vicino a chi soffre, ci dà consolazione, fortezza, speranza e possiamo abbandonarci tra le sue braccia.
Sì quello che scrivi mi fa pensare che facciamo alla svelta a parlare di resurrezione Ma quando attraversi la fase della solitudine e dell’abbandono molto spesso non la si vede…. questa è una condizione situata limitata storica della nostra umanità.. forse ci aiuta a doverci conquistare la consapevolezza. Ciao