silenzio

di | 14 Febbraio 2023

Vi è ancora la seconda considerazione da fare circa l’interprete che si interpone tra Giuseppe e i suoi fratelli. Se all’inizio egli ha il compito di tradurre le parole sia di Giuseppe che dei suoi fratelli, mostrandosi come colui che aiuta a far emergere le storie, le ferite, i sensi di colpa e la rabbia di Giuseppe e i suoi fratelli, nella seconda parte del discorso, dell’incontro tra le due parti egli si mette in disparte e tace. L’interprete non esiste più. Colui che era il mediatore sembra scomparire dalla scena. Mi domando se a questo punto le due parti si capiscono, sanno mettersi d’accordo. Non è ancora giunto il momento della riconciliazione. Non è ancora il tempo. E allora che significato può avere il silenzio dell’interprete? Dove ci vuole portare il testo? È come con il mio orto e con le mie api. Se lo voglio capire devo mettermi in silenzio e devo far tacere tutto attorno a me.  Quando  smette di tradurre  e si pone in silenzio permette a Giuseppe di incominciare   a sentire il cuore dei fratelli, quel cuore carico di sensi di colpa e di paure. La stessa cosa succede con i fratelli: tacendo l’interprete permette a loro di sentire tutta quella la rabbia e quel dolore che Giuseppe provava per i suoi fratelli. Quanto taccio e faccio tacere tutto attorno a me forse sono in grado di sentire il mio orto, le mie api, le persone attorno a me, ma soprattutto nel silenzio posso ascoltare il mondo interiore dell’altro. il dolore per ciò che gli hanno fatto non è mai stato dimenticato. La pena per il dramma  commesso ha lavorato nel tempo per lunghissimi anni. Ha lavorato nel  profondo del cuore di tutti i protagonisti  della vicenda. Ecco il testo “Allora si dicevano l’uno all’altro: «Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia». Ora essi non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro c’era un interprete. Ed egli si allontanò da loro, e pianse.”( Gen 43, 21-24). Nel silenzio posso vedere l’angoscia dell’altro. Nel silenzio posso incontrare la ferita dell’altro. Nelle troppe parole vedo solo me stesso. la grande scoperta che porta al perdono è il pianto liberatorio. Ma di questo parleremo domani.

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