Abbiamo visto e parlato di ri-sperare di ri-adattare a sto punto non posso fare a meno di un ri-narrare. Amo narrare, non sono un affabulatore, ma amo le storie e amo narrare la vita con delle storie. Anche la mia vita è da narrare. Perché amo così tanto il narrare? Perché mi permette di essere libero di scandagliare, di immaginare, di sognare, di criticare senza imbarcarmi in giudizi. Perché narrare arriva al fondo del mio cuore, dei miei sentimenti, dei miei pensieri. Perché narrare è come lasciar scorrere un pezzo di vita e di pensiero e di cuore. Perché narrare mi permette di guardare al mondo, al creato, all’umanità con sguardo benevolo. Le mie narrazioni non sono drammi, ma romanzi appassionati. È come una laude che nasce nel cuore e si amplifica nella parola. Penso che anche nel parlare della parola sacra dovremmo avere l’arte del narrare e non dell’insegnare, del racconto e non del magistero. Il vangelo è narrazione di una buona notizia e così va lasciato, come narrazione di buone notizie. E così mi ritrovo a dover narrare ogni volta la stessa storia, ma con un tono, un sentimento, una parola sempre nuova e allora posso dire che il narrare è sempre un ri-narrare. Un narrare sempre nuovo. È così anche con la mia vita. Essa è sempre la stessa, con la sua ripetitività, la sua continuità. Eppure non passa giorno che essa non è un racconto sempre nuovo. Una narrazione che apre sempre nuovi orizzonti, difficili, faticosi, ma affascinanti. La mia vita è narrata e sempre ri-narrata. Un presente narrato, un futuro da inventare e poi da ri-narrare. Anche se ho 60 anni sono sicuro che avrò altre storie da narrare. Ri-narrerò la mia vita in modo nuovo ne sono certo.