Ho bisogno di silenzio. Ultimamente lo cerco più del solito. Troppe cose e troppe parole. Ci vuole silenzio. Gli amici mi definiscono un po’ orso. Io non credo di essere orso. Solo che in certi momenti amo la solitudine e magari a mio modo preferisco un po’ di solitudine, che non è lo staccare, ma entrare nel profondo di me. So che mi porto dentro un po’ di anima monacale, anzi per la verità tanta anima monacale. Su questo versante mi conosco bene. Quando arrivo ad un certo punto mi devo non fermare, ma ritirare in me, con la mia solitudine, che non è isolamento, ma solitudine che è molto diverso. Faccio due passi, sfoglio la parola sacra. Non cerco in essa delle risposte. Diciamo che cerco conforto. Da anni la commento pezzo dopo pezzo, non sono un biblista, non ho l’arte dell’esegeta, ma amo fare due passi quotidiani tra la parola sacra. Non se ne è accorto nessuno di questa mia frequentazione. Servono i grandi biblisti. Ma questo è un altro problema. Io sono fatto così. Un po’ monaco e un po’ pastore. Riesco ad avere un po’ di tempo e cammino nell’orto. Per un po’ mi accompagna il gatto Faraone, poi decide di andare per la sua strada. Guardo l’orto e vorrei coglierne tutti i suoi misteri, vorrei sapere tutto di lui. Con una persona oggi parliamo di tutto subito e sempre. Interessante. Io sono per le cose fatte con calma, dolcezza e per un momento. È come la grazia, il tempo opportuno che arriva e poi vola via. Non posso conoscere tutto sempre e subito dell’orto. Se pretendo questa cosa lui si ritrae, si nasconde, non si lascia amare. Non posso conoscere tutto, subito e sempre dei miei ragazzi, se forzi la mano loro si ritraggono. ma io non sono un educatore. Don Roberto aveva imparato l’arte dell’attesa operosa. Attendeva l’altro e intanto lo accompagnava passo dopo passo. Insegnava accompagnando. Guardo l’orto e mi insegna che c’è tempo, tanto tempo per imparare, per conoscere, che non c’è fretta, che c’è solo attesa e pazienza. Ripenso a don Roberto e alla sua arte di un’attesa operosa, all’arte di lasciare intatto il mistero dell’altro. Arte che abbiamo smarrito nella fretta del tutto, sempre e subito. devo difendere questo mio essere monaco. Cammino nell’orto con la parola sacra in mano. Un po’ come un monaco. Mi è concesso poco tempo, ma ci provo. Non ho una pagina particolare oggi. Ho solo un libro sacro tra le mani che mi dice che la storia degli uomini è lunga come la storia del mondo e che dentro lì con calma, pazienza e amorevolezza, Dio ha raccontato storie meravigliose che danno speranza e vita. È finito il mio tempo di monaco, ritorno al mio tempo di pastore. Non mi piace, so che devo correre, tutto e subito. Non le voglio, ma so che torneranno le tante parole. Lascio l’orto, lascio la parola sacra e saluto, ci rivedremo presto.
Grazie, sempre, per queste preziose parole… in solitudine buona domenica