Arriva un nuovo ospite. secondo un principio di circolarità ricominciamo ad insegnare una cosa alla volta. Lo sappiamo che è così. Insegniamo le piccole cose quotidiane, quelle piccole cose che ci permettono di andare avanti, di camminare dentro questa nostra casa. Sono le cose che una mamma e un papà insegnano ai loro figli: riordina i vestiti, rimetti a posto gli attrezzi quando li hai usati, impara come si apparecchia la casa, come si lavano i piatti. Io mi dico, ma queste cose sono scontate, sono tutte ok. Ed invece no: qui dobbiamo darci da fare per provare a far entrare nel cuore questo modo che ci permette di vivere in armonia. È così la vita. Piccole cose che hanno significati profondi. Dovremmo cominciare a capire che i progetti educativi devono contenere queste queste piccole e semplici cose, le questioni quotidiane. Si rinasce da questa quotidianità. Ma c’è di più. non c’è solo un insegnare regole, c’è anche un circolo di bellezza. Mi spiego, cerco di farmi capire. Un circolo di bellezza prevede che ci si mette in cerchio e ci si ascolta con pazienza. Un circolo di bellezza prevede che si impara a dare voce all’altro. Un circolo di bellezza fa nascere da un cerchio di condivisione le decisioni, le regole, un circolo di bellezza impara ad ascoltare le ferite. Ecco, qui nella nostra casa facciamo così: cerchiamo di imporre il meno possibile delle regole e di metterci in circolo e vedere quanto possiamo ascoltarci e decidere insieme. e anche quando non riusciamo a metterci in circolo, perché non c’è il tempo, perché siamo in pochi, rimane in me la regola che prima di imporre vale la pena di ascoltare l’altro, vale la pena di costruire qualcosa insieme. a volte si diventa anche direttivi, questo si fa così, ma non arrivo a questo perché mi impongo, forse solo perché sono arrabbiato e stanco e allora dico è così punto e basta. Conservo in tutti gli ambienti che frequento questo stile di un circolo di bellezza. Forse è per questo che faccio fatica a reggere il confronto con chi è direttivo, con chi detta una linea, con chi si impone. Questo vale anche nella chiesa. Quando il metodo diventa troppo direttivo, io mi perdo; quando nel gruppo non si da spazio all’ascolto reciproco, ad un circolo di bellezza appunto, allora non ci sto proprio più dentro. Non ce la faccio più a stare in una logica dove tutto viene preparato prima, dove tutto è dettato da procedure e processi già dati. Dove tutto sa di predisposto. Non mi interessa se ho maturato la mia idea geniale, non mi interessa di arrivare ad un incontro e di far finta di ascoltare e poi tirare fuori dal cilindro la mia idea geniale che diventa nel giro di un attimo l’idea vicente. Voglio circoli di bellezza e non piramidi decisioniste.