Di questi tempi sono in rincorsa. Le api, le piante, l’orto, i ragazzi, e poi c’è tutto il resto. Una rincorsa che a volte mi fa sentire in affanno, altre volte mi fa sentire come uno che non sa programmare niente. Devo dire una cosa bella dentro questa rincorsa. Ci sono amici, educatori, persone che passano per di qua e chi mi danno una mano, una parola buona, un’idea. Anzi non mi danno una mano, insieme siamo la mano che cerca di mandare avanti questo posto. Siamo una bella squadra e questo mi aiuta ad andare avanti, ma soprattutto mi fa comprendere come non sono io l’artefice di questa cosa che si muove qui a Rosciano. Tutti sono qui e mettono le loro mani, i loro passi, le loro idee, la loro passione. Siamo una bella squadra e allora anche le lunghe rincorse diventano meno impegnative. Siamo tutti in affanno, anzi meglio dire in rincorsa, ma il fatto di essere tante mani unite ci dà forza ed anche io sento meno affannato. Questa è la grande bellezza di questa impresa. Non la perfezione, ma la squadra, non la precisione, ma le tante mani che lavorano insieme. Quando si è così l’essere in rincorsa, che ritengo condizione inevitabile, diventa più semplice da affrontare. È stato bello stare qui oggi a lavorare mi dice un ragazzo. E allora vale la pena questa lunga corsa affannata. Solo un piccolo particolare. Mi domando perché io che in qualche modo riesco a fare squadra con altri qui in questo posto, non riesco a fare la stessa cosa al di fuori di qui. Perché non ci riesco con i miei confratelli preti, perché non ci riesco con chi ha responsabilità nella chiesa? Perché in generale non ci riesco e basta. Qualcuno mi dice che non accetto di obbedire, di essere più umile, di star dentro nella normalità del mondo della chiesa. Può essere anche questo. Io mi sono dato un’altra risposta: perché questa è casa nostra, il nostro mondo e qui tutti i sacrifici e le rincorse hanno un senso, quello dell’essere tante mani unite. come lo è stato per tanti l’agro con don Roberto