
venerdì della settimana santa – gv 18
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Commento
ho scelto qualche riga del lungo racconto della passione di Gesù secondo san Giovanni. Rimane una madre sotto la croce, rimangono un gruppo di donne perché le donne sanno come si sta di fronte il dolore. E rimane un discepolo quello che Gesù amava. Potremmo essere noi quel discepolo che sta sotto la croce con Gesù, perché anche noi siamo amati da lui, anche noi siamo il discepolo amato dal Signore. e questo può bastare per alleviare il dolore. Perché in Gesù sulla croce tutto si compie. Tutto è portato a compimento. È compiuto dice Gesù: ho donato tutto, più di così non potevo donare. Immagino tutte le croci del mondo: i malati, i figli e i loro genitori con le loro croci, chi è solo, chi è migrante chi è oppresso dalla guerra, chi soffre per la violenza, chi è in carcere. Stare sotto la croce come le donne del venerdì santo e come Giovanni il discepolo amato vuol dire stare accanto ai luoghi della sofferenza umana, vuol dire cercare di dare il meglio di noi stessi quando si tratta di alleviare le sofferenze umane, fin dove possiamo. Ma c’è un particolare in più che può rendere umana la sofferenza e il dolore. È quell’atto di affidamento reciproco: donna ecco tuo figlio, ecco tua madre. Il dolore non lo si vince, ma può diventare sopportabile nella misura in cui c’è come un affidamento reciproco tra le persone.
Preghiamo
Preghiamo per tutti coloro che vivono di una croce.
Stavano presso la croce….. Tutto è portato a compimento. È compiuto dice Gesù: ho donato tutto, più di così non potevo donare. Immagino tutte le croci del mondo: i malati, i figli e i loro genitori con le loro croci, chi è solo, chi è migrante chi è oppresso dalla guerra, chi soffre per la violenza, chi è in carcere. Stare sotto la croce come le donne del venerdì santo e come Giovanni il discepolo amato vuol dire stare accanto ai luoghi della sofferenza umana, vuol dire cercare di dare il meglio di noi stessi quando si tratta di alleviare le sofferenze umane, fin dove possiamo. Ma c’è un particolare in più che può rendere umana la sofferenza e il dolore. È quell’atto di affidamento reciproco: donna ecco tuo figlio, ecco tua madre. Il dolore non lo si vince, ma può diventare sopportabile nella misura in cui c’è come un affidamento reciproco tra le persone.
Grazie per questa riflessione, aggiungo. Solo una preghiera :
Ecco il mio cuore davanti a Te, Crocifisso, riempilo del tuo amore, fa che sia davanti a Te presenza viva dei fratelli e sorelle. Ti affido Signore le persone che porto nel cuore e nei miei contatti o incontri, con le loro fatiche e speranze.