Giovanni 16,20-23
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».
Commento
Queste parole, se vogliamo, sono la conferma delle parole di Gesù sulla Pasqua, che comunque rimane al centro della vita cristiana. L’immagine che Gesù ci regala è quella del dolore e della gioia di una mamma che partorisce. Ci vuole un atto di coraggio come quello della donna che partorisce per vedere il nuovo, la nuova vita. È un passaggio, una pasqua appunto. Non so se è un pensiero corretto il mio, ma Il dolore dei discepoli per la perdita del Signore, viene qui paragonato ai dolori del parto. Dunque ad un dolore non piegato verso la morte, ma verso la vita, la nascita! E’ la grande affermazione della “positività” del dolore come grembo della gioia. Del dolore come fecondità e principio della vita nuova. E quando vi è la nascita del figlio “non ci si ricorda più della sofferenza” Non voglio dire che il dolore è necessario per la vita, anzi penso proprio il contrario. Ma credo che chi ama soffre, e chi soffre può far diventare intercessione d’amore il dolore. Ma ci vuole tanto tanto coraggio. Ringrazio chi ogni giorno mi concede di vedere come in un dono di grazia la testimonianza di un dolore che coraggiosamente è offerto e diventa vita a favore di… non vedo altre strade per affrontare e vivere il dolore.
Preghiamo
Un grazie di cuore a don Roberto per la sua bella e coraggiosa testimonianza.
” …la gioia perché è venuto al mondo un uomo”. Venire al mondo. Nascere. Venir fuori. Verbi attivi e positivi che dicono energia, voglia di conoscere, di vedere, di crescere…. La nostra vita personale è questo divenire continuo fino a “far venire al mondo un uomo”. Non è scontato che si diventi “uomo” solo perché passano gli anni. Un uomo è segno di adultità, di maturità, di equilibrio. Alloro lavorare su noi stessi per divenire uomini è cosa interessante, feconda, generativa. Lo stesso vale per il nostro servizio alle persone: in famiglia, sul lavoro, nella comunità….Aiutare a far venire al mondo uomini!!!
Anch’io sento di dire grazie a quanti, come Don Roberto e altri testimoni non conosciuti ma efficaci, che attraversano il dolore con dignità e umile coraggio. Senza esibizionismi ma con una umanità matura, bella. Per “colpa” loro possiamo continuare ad avere speranza.
L’esperienza del parto, l’esperienza del dolore, l’esperienza della gioia, l’esperienza della vita stessa sono in un’ottica di crescita e maturazione costante. Sono gli aspetti, gioia e dolore, della stessa, unica realtà. Ci è stato dato il dolore, ci è stata data la gioia….uno non sussiste senza l’altro. Come nel parto che porta a vita nuova.
Ci vuole il coraggio di vivere, ci vuole la speranza, che fa di noi esseri protesi al futuro e capaci, nell’oggi, di accettare anche la realtà del dolore. Mi capita di andare in aeroporto, spesso, per ricevere parenti ed amici che vengono da fuori o che ripartono da casa mia. Mi piace osservare questi aspetti della comune umanità: la gioia commovente di chi si ritrova ed il dolore, la tristezza, il legame appena sospeso e tenuto saldo dalla speranza, di chi si allontana per tempi senza tempo…
Se penso in parallelo, vedo la stessa cosa nella tristezza dei dodici e la stessa gioia nel ritrovare il Signore….una gioia che ridà senso al dolore, all’assenza…
E non mi è possibile non ricordare, con tutti voi e nel mio cuore, Don Roberto, la sua speranza, il suo coraggio reso testimonianza ed esempio di pazienza e di amore. Una carezza per te, Don Roberto ed il sorriso di Dio nei tuoi occhi…..
Elena