È la notte che vorrei vegliare, ma la notte mi afferra il sonno. È solo questione che mi affatico troppo nel giorno? Che vado a letto tardi? Può essere anche questo, ma non è solo questo. Non ci sono abituato alla veglia di notte. E se mi capita è solo per necessità. Un malato da assistere, allora chissà perché trovo le forze per la veglia notturna. Una riunione che si prolunga e che se è interessante riesco a reggere fino a tardi. Se non è interessante, non ce la faccio e verso l’ora tarda mi alzo e vado. Raramente ho dovuto vegliare per un turno di lavoro, per i malati sì tante volte e per stare con i poveri si tante volte. Vegliare non è solo stare in piedi di notte, non è solo stare sveglio nella veglia notturna. È anche e soprattutto la condizione necessaria per la vita. Vegliare per custodire la propria vita, vegliare per custodire i propri figli, vegliare per custodire come una sentinella il proprio popolo, la propria gente. Ma oggi è della veglia notturna che voglio parlare. Quella per cui ti alzi e te ne stai in silenzio a vegliare attendendo il Signore con una sua parola. Fratel Carlo de Foucault nel suo deserto in Algeria stava la notte intera davanti all’amato del cuore, il Signore Gesù; stava la notta intera a vegliare con un cuore aperto e ascoltante. Lo stesso Signore Gesù se ne stava su una montagna solo la notte in compagnia di Dio suo Padre, oppure se ne stava la notte li un orto degli ulivi e vegliava per chiedere il coraggio. Ammiro la notte di chi veglia il malato, è notte santa, la notte di chi lavora con serietà, la notte di chi aspetta il figlio, sono notti sante, la notte di chi gira perché non ha casa e affetti. È notte santa. Il salmo dice: voi che vegliate nella dimora del Signore, nelle celle della dimora del nostro Dio. Così vorrei salmodiare la notte. Ma la mia notte si assopisce nel sonno e si sveglia troppo assonnata, anche se è presto. Vegliate nella dimora del Signore. Insegnami a vegliare nella cella del mio cuore.