E poi posso continuare su questa strada: Beato il popolo che ti sa acclamare e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:, è tratto dal Salmo 88 versetto 16, e la versione di Bose dice: beato il popolo che conosce la tua lode, e cammina alla luce del tuo volto. E Turoldo scrive: beata la gente che ti sa acclamare, la gente, Signore, che alla luce del tuo volto cammina. Come posso collegare tutto questo a quanto sto cercando di scrivere sulla luce di dicembre? Trovo questo collegamento: l’abitudine a non vedere più con chiarezza la luce ci porta ad assaporare solo la notte e la fatica, ci impedisce di camminare alla luce del Volto del Signore, che è un volto luminoso e che illumina. È vero, se entriamo in questa abitudine, che a volte è più di un’abitudine, non ce la facciamo a ritrovare la luce. Non dobbiamo, non devo perdere quell’allenamento che mi permette di stare di fronte e dentro la luce. Non posso cadere nell’abitudine della notte, della fatica, devo entrare sempre nella luce e nel suo mondo. Forse la grande sapienza che non dobbiamo smarrire e che dobbiamo coltivare ogni giorno è di quella sapienza che mi permette di tenere aperta una feritoia, una porticina che si apre là dove c’è la luce. Quella feritoia, quella porticina che mi permette di tenere viva la speranza, che mi permette di camminare alla luce del volto del Signore. Può essere anche un piccolissimo pertugio, ma a volte basta anche questo, piccolissimo, ma che lascia passare un raggio di luce. Se troviamo la saggezza e la forza di tenere aperta questa feritoia, questa porticina, un giorno si spalancherà la porta intera e allora vedremo tutta la luce. Certo la parte più faticosa nel tempo della notte è proprio quella di tenere aperta una feritoia, un porticina e attendere che si spalanchi la porta intera per camminare alla luce del volto del Signore.