Non è che voglio parlare delle ubriacature. Qualche volta mi è capitato di alzare un po’ il gomito, come si dice; ma non è di questo che voglio parlare. Ubriacatura lo lego ad un’altra parola, alla parola hybris. Lo so bene che ubriacatura non è la traduzione perfetta di hybris, ma credo che ci possa stare anche come traduzione anche ubriacatura. La vera traduzione di hybris è tracotanza, violenza, L’hýbris è un accecamento mentale che impedisce all’uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dalla vita stessa, che mi chiede ad un certo punto di fermarmi. Ma questa tracotanza non è forse un’ ubriacatura? Non succede così quando ci si ubriaca? Non ci sono più limiti, non ci si ferma più. La violenza dei bombardamenti di questi giorni e di tutte le guerre non sono forse un’ ubriacatura, una tracotanza di potere smisurato? L’eccesso di una scienza che non si pone limiti non è forse un’ubriacatura, una tracotanza? E l’ubriacatura e la tracotanza si trasforma in genere in violenza. U come ubriacatura è l’hybris dell’uomo moderno che pensa di sfondare tutto con la sua forza, con la sua intelligenza, con il suo potere. Credo che anche io devo stare attento alle mie ubriacature non di vino, ma di potere. Credo che in me questa ubriacatura si esprime così: mi accorgo che riesco a fare bene una cosa e allora non ho più la misura di quello che faccio. Aumento cose da fare, creo nuovi progetti, coinvolgo persone, faccio e disfo il mondo attorno a me come voglio io. Si parte pieni di compagni, beni, giovinezza, speranze di felicità, si continua a credere tutto è facile, che tutto è possibile, ma alla fine si torna vuoti: soli, poveri, con l’orizzonte davanti accorciato e più basso, infelici. Perché questo è l’effetto finale dell’ubriacatura, non la felicità finale, ma un terribile ma di testa, una terribile nostalgia del tipo facevo bene a stare attento. Così mi succede nella vita: parto carico di mille cose, mi lascio prendere da questa hybris e poi ritorno infelice alla mia casa, che il mio cuore. Chissà perché non capisco la lezione di non entrare in questa hybris della vita. La parola sacra in un salmo spiega così questa incapacità di non lasciarsi prendere da questa hybris. Il salmo 48 recita così: “Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Ma l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono.”