Sono in treno, sto andando a Roma. Ma di questo parlerò domani. Per un giorno lascio la cooperativa, ma sono sicuro che è in buone mani; tutti sanno che cosa fare. È un buon atto di fiducia, dentro la fatica di tutti i giorni. Ma la vulnerabilità rimane sempre, le fragilità non si cancellano mai. Dicevo ieri che la fragilità e la vulnerabilità può essere generativa se è accolta come un atto di fiducia. Un ambiente come il nostro, come la nostra piccola cooperativa, può diventare fonte di fantasia che crea cose nuove e che rigenera le persone nella misura in cui mantiene un atto di fiducia nei confronti della fragilità. Quando questo atto di fiducia viene meno o si fa più difficile allora non si genera più niente e le vulnerabilità, le ferite prendono il sopravvento. Come faccio a dare ogni giorno credito e fiducia anche la dove la vulnerabilità prende il sopravvento? Questo è il vero dramma. A volte non c’è più un atto di fiducia, ma un atto di ribellione o di sfiducia piena e allora quando questo succede vado in crisi, non ci capisco più niente. Mi dicono che la vita, il lavoro, la storia degli uomini ha sempre bisogno di fiducia, di un dare credito, di una libertà che lascia andare e creare. Mi accorgo che non è sempre così. Che non ce la faccio a vivere di solo questo. Mi rendo conto che per paradosso non è più l’altro che è vulnerabile e fragile nella misura in cui gioca male la sua libertà. Sono io che divento vulnerabile perché non riesco ad accettare, gestire e capire la fatica dell’altro. Faccio un esempio. Quando mi capita di assistere un malato io vedo tutta la sua vulnerabilità, la sua fragilità, contemporaneamente mi rendo conto che c’è tutta la mia fragilità e la mia vulnerabilità, perché non so mai che cosa devo fare, come comportarmi, che cosa dire e fare. La mia impotenza e la mia fragilità prevale su quella del malato. È vero non è la fragilità dei miei ragazzi che è messa a dura prova, ma la mia impotenza che diventa ingestibile. Accogliere l’altro nella sua fragilità comporta il fatto che metto a dura prova la mia vulnerabilità.1