C’è la parabola dei talenti. Questa parabola in una interpretazione classica dice che chi ha ricevuto 5 talenti li ha fatti fruttificare. Chi ne ha ricevuti 2 li ha fatti fruttificare, chi ne ha ricevuto uno è semplicemente un fannullone, perché non ha fatto niente, perché non si è dato da fare. E’ un’interpretazione che ci sta, buona, che chiede la responsabilità di mettere a frutto quello che abbiamo ricevuto come dono. Ma può essere l’unica interpretazione? Ci può essere una spiegazione diversa? Si può provare a porre il problema da un altro punto di vista? Sto pensando a tanti ragazzi e adulti che conosco. Sono semplicemente fannulloni perché non riescono a mettere in pratica responsabilmente i doni ricevuti e a moltiplicarli? Sono semplicemente ragazzi e adulti che non hanno voglia? Oppure c’è altro? forse che la parabola ci vuole condurre anche per altre strade? Non tolgo niente alla responsabilità di far fruttificare i doni ricevuti, ma provo a porre il problema da u un altro punto di vista. Quel punto di vista che tiene conto di chi è dichiarato fannullone, buono a nulla, incapace di far fruttificare i doni. La prospettiva che voglio mettere in evidenza leggendo e spiegando questa parabola è quella di mettere al centro la questione del padrone che dà a ciascuno i talenti, 5, 2, 1. Ma soprattutto vorrei mettere al centro la questione del figlio che aveva un talento solo e che non l’ha fatto fruttificare. Partendo da questi dati, mi pare che possiamo provare a leggere questa parabola anche da un altro punto di vista. Anche la mia non è l’unica interpretazione ma ci sta. Per far capire che cosa voglio spiegare, che cosa voglio dire, qui faccio solo una breve introduzione. Teniamo presente che questa parabola è stata utilizzata più volte e non sempre in maniera giustificabile per dimostrare la laboriosità della vita, la meritocrazia, lo spirito del produrre che poi alla fine produce quello che stiamo vedendo. Chi più produce, ha più meriti, gli altri sono solo fannulloni. Capita tante volte anche a me di dover discutere con persone che quando vedono i nostri ragazzi o i nostri adulti dichiarano: sono fannulloni, non hanno voglia di lavorare e di conseguenza non meritano tutte queste attenzioni. Certo se l’unica logica è quella di far vedere che lavori tanto, sono d’accordo con loro, ma se la logica è quella di mettere in evidenza le capacità, i doni, le possibilità di ciascuno allora le cose cambiano. Non possiamo dire solo sono fannulloni. Incominciamo a vedere questo signore, questo padrone che dona i talenti. Questa moneta, il talento, ha un grande valore, 5 talenti sono un’enormità. Questo ci fa pensare che il padrone che distribuisce i talenti è un uomo ricco, probabilmente un proprietario terriero perché la grande ricchezza, al tempo del Signore, o arrivava dai commerci o arriva dalla terra. Altro dato interessante di questo padrone è che sembra conoscere molto bene le capacità, le doti nei suoi servi. Tanto è vero che assegna molti talenti a chi sembra bravo, a chi sembra capace, noi diremmo a chi se lo merita. Forse il padrone sa bene che affidare molta ricchezza a chi è capace è bravo, ma è anche responsabile alla fine fa fruttare molta ricchezza in più. Sembra che il padrone non sia preoccupato dei suoi servi ma della sua ricchezza che puoi aumentare grazie ai talenti dei suoi servi. Se pensassi alle mie api dovrei ragionare così: dare più possibilità, più talenti a quelle arnie che producono molto e che aumentano la produzione del mio miele, lasciare da parte quelle che producono poco, perché lazzarone, che sono deboli, che non sono responsabili, che non ce la fanno e che non mi daranno molto miele. Questa è la logica del padrone non sicuramente una logica di benevolenza ma una logica il profitto
Verissimo Sandro,tu come noi che abbiamo accolto in casa ns. ragazzi/e e bambini fragili sappiamo bene che non tutto dipende dalla loro volontà ma dalle opportunità che hanno trovato attorno a loro fin dalla nascita,talvolta anche prima e che hanno determinato il loro futuro potendo o no esprimere i veri talenti o soffocarli perché non aiutati.Tempo fa avevo letto un piccolo libriccino della Psicologa Rita Gay ora non più in vita e già dal titolo diceva molto del fatto che il merito non c’entra nulla “Dallo svantaggio all’insuccesso”Grazie don Sandro e spero che ti leggano in molti.