Simpatia o empatia. Forse è meglio empatia. Leggo la definizione. È la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva. È una definizione che non mi piace. Di questa questione dell’empatia ne abbiamo fatto una specie di mantra, una parola magica. In realtà mi sembra che è tutto legato ad un equivoco per non dire ad un imbroglio. Di che cosa parlo e perché parlo di questa questione? Perché mi è successo di usare questa parola in una serie di circostanze e mi sono accorto che anche io sono caduto nell’ equivoco. Più o meno, ho detto che con i figli ci vuole empatia, dialogo, ascolto, mettersi nei panni di, ma alla fine del tutto sono io adulto che propongo il percorso di vita al figlio. Diciamo più o meno così: guarda, tu sei libero di fare come vuoi, ma a me sembra che la strada, la scelta, il percorso giusto per te è questo. Non aiutano a far emergere la storia, la personalità, i desideri, i sogni dell’altro. però mi sembra di aver fatto un buon esercizio di ascolto. Così faccio io prete, ascolto, mi sento empatico e sono vicino a voi, ma la bozza su cui lavorare è questa. Ecco l’equivoco dell’empatia: un ascolto a metà, un porsi nei confronti dell’altro con tutte le buone intenzioni, ma con l’incapacità di accompagnare verso la libertà dell’altro. Un empatia falsata dal fatto che alla fine io ho il senso in mano. Forse è vero il contrario, ridefinire non l’altro secondo le mie regole, ma ridefinire me stesso secondo la sua libertà. La miglior definizione che ho trovato di Empatia è quella proposta da Edith Stein. Non sto a dire tutto. Anche perché non sono all’altezza d questa grande pensatrice. Dico solo questo: non si tratta di un immedesimazione con l’altro: mi immedesimo con mio figlio così lo comprendo. No. Si tratta piuttosto di due che si mantengono distinti. Io incontro il dolore dell’altro direttamente nel luogo in cui l’altro è al suo posto, presso l’altro, non presso di me, l’altro che lo prova. Non mi abbandono in lei o in lui, né proietto o trasferisco le mie qualità che spero che l’altro possa accogliere. Empatia è stare di fronte all’altro, ascoltarlo nel suo dolore e accompagnarlo nella sua libertà.