A volte quando si va in montagna non si vede bene il sentiero. Si va alla ricerca di un omino, di un segno, di un bollo, di una traccia. Ma non si vede un granché, anzi a volte non si vede niente e allora si procede un po’ per intuito, si procede affidandoci alle nostre capacità di orientarci. Succede così anche nelle nostre riunioni. Non si vede un granché, non si capisce tutto. Non ci sono tracce che dicono che è meglio andare per quella direzione, dei segni che ci dicono che è meglio fare quella scelta, piuttosto che un’altra. In questi casi non ci si affida ad un’intuizione. In genere quando si fanno riunioni in cui si deve scegliere ci si affida a quello che riconosciamo come leader, oppure a colui che si è autoproclamato leader. Comunque a lui affidiamo le decisioni su che strada prendere e poi seguiamo lui. Sì, possiamo obiettare qualcosa, e il leader è così bravo che ci ascolta, ma sappiamo che la strada è segnata, che si va in quella direzione, le nostre sono piccole obiezioni. Perché è il leader che segna la strada. Si può uscire dalla logica del leader? Faccio due riflessioni. La prima è questa: non credo che dobbiamo liberarci dei leader. Non è questa la cosa più importante, di fatto questi ci saranno sempre. Allora la prima cosa importante da fare è che il leader diventi capaci di coinvolgere, di dare responsabilità, di creare reti, di fare in modo che lui può sparire e le cose vanno avanti. Non è questione di chi segue il leader. Il grande tema è di chi esercita questa leadership, come la esercita, a favore di chi l’esercita. Noi che non siamo leader seguiamo il leader, lui deve essere bravo a mettersi al servizio di. Questo mi sembra il primo punto fondamentale: il modo come viene esercitata la leadership. Il secondo punto è questo: credo che serva anche una dose importante di saggia e coscienziosa critica, di un saggio smarcamento dal leader, di una saggia libertà dal leader. Ma per fare questa cosa uno deve essere tosto, deve avere il coraggio di fare scelte controcorrente, deve avere il coraggio di dire al leader che così non va bene. Chi è capace di fare questo? Chi è capace di esercitare una coscienza critica? chi è capace di dichiarare che anche il leader deve essere alla pari? Sentieri incerti su cui camminare per decidere. Vale la pena di affidarsi a un leader, oppure tentare di crescere insieme? Sono le domande di questi giorni.
Buongiorno, un pensiero scaturito dalla riflessione di oggi, quello che personalmente considero “il leader” prima di tutto la mia coscienza, il mio io interiore, che si senta in sintonia con ciò che si pensa e si sente.
Sicuramente è più facile e molte volte comodo seguire il leader piuttosto che esercitare una coscienza critica. In ogni caso rimane scontato che sia il leader sia chi decide di esecitare la coscienza critica devono volere fortemente “Camminare insieme” superando personalismi e punti di vista troppo radicati che si fa fatica a superare. Comunque occorre sempre provarci.