Oggi vi lascio la prima parte della seconda lettera dei giovani.
Cari padri sinodali,
vediamo che i vostri lavori procedono intensi. Qualche giornale pubblica immagini e notizie dei vostri dibattiti che ci sembra stiano diventando fitti e plurali. Una foto in particolare ci ha colpito, e vorremmo prenderla come simbolo e promessa della Chiesa che anche noi desideriamo: vi ritrae attorno a grandi tavoli rotondi, a dialogare e discutere. Poche persone attorno a ogni tavolo, così la relazione tra voi può essere faccia a faccia. Il tavolo è rotondo, non ci sono lati e non ci può essere un capotavola; attorno al tavolo si vedono vescovi e laici, cardinali e anche qualche donna. In uno si vede papa Francesco, anche lui partecipante alla pari con gli altri.
Ecco, questa è la Chiesa che ci piace, che vorremmo sperimentare con lo stesso stile anche nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese. Tutti, ciascuno nella sua diversità di vocazione, di condizione e di ministero, attorno allo stesso tavolo, ciascuno con la possibilità di dire la propria. Forse questo è l’inizio di una sinodalità possibile. Dalla foto è difficile capirlo, ma ci è sembrato di non vedere nessun giovane, lì solo perché è giovane, perché anche lui ha qualcosa da dire alla Chiesa. Persone senza nessun ruolo ecclesiale, ma solo con la loro esperienza di vita, con le loro opinioni, le loro ricerche e le loro inquietudini… Fa parte di un sogno?
Cominciamo a credere che un giorno, speriamo non troppo lontano, alla Chiesa interessi la voce di chi si sta affacciando alla vita, di chi la guarda dal futuro, dal punto di vista di ciò che non c’è ancora, e può essere sognato. Speriamo in un giorno in cui nella Chiesa si farà spazio ai sogni: Papa Francesco usa spesso questo termine, per incoraggiarci a osare. Il linguaggio dei sogni aiuta a intuire il futuro e ad alimentare ideali coraggiosi e alti.
Ma tu vieni e seguimi