Me lo immagino, la sto romanzando, la rileggo così questa vicenda che mi è capitato di riprendere tra le mani per puro coso. Francesco, il santo, sale con l’amico fra Leone verso il monte della Verna. Francesco è malato, anche cieco ma sale verso la Verna. Vuole passare un tempo di penitenza. A casa, a San Damiano, ci sono le dame della povertà che lo ricordano e Chiara continua incessantemente a ricordarlo e ad incoraggiarlo. Una vicinanza unica, profonda. Francesco sale con fatica, fra Elia lo sostiene. Poi Francesco si ferma “ ascolta fra Leone, che cosa senti?” “sento l’acqua del ruscello, il vento tra le piante, gli uccelli tra i rami” “ascolta meglio, ascolta i sassi” ma i sassi non parlano dice fra Leone. “Ascolta fra Elia ascolta la voce dei sassi” Mi sono immaginato che cosa possano dire i sassi. Se li ascolto bene forse qualcosa dicono. I sassi mi dicono che ogni evento che mi capita, nel bene e nel male lascia un segno nel cuore. Ogni fatto fuori di me non è disgiunto dalla mia storia. è chiaro che qui non sto più romanzando la vicenda di San Francesco, sto parlando me. Anche io ascolto, a volte ascolto anche sassi, ci cammino sopra, li pesto a volte con gentilezza a volte con forza. Francesco sul monte della Verna, malato ferito, povero e per certi versi solo ascolta i sassi e poi in tutta quella quaresima del 1224 non ha che una sola invocazione: parlami Dio! E Dio alla fine parla con le stigmate, con i segni della sua passione. L’amato si è così conformato all’Amore da diventare una cosa sola con Lui. Francesco l’amato e Dio l’amore diventano una cosa sola. Forse è davvero così, solo con le stesse ferite del Corpo di Cristo, io posso trasformare le mie ferite in una nuova avventura di vita, posso accedere a nuova vita. ho romanzato in maniera maldestra una storia vera semplicemente per dire che le mie ferite di oggi sono la mia vita di domani. ritorna a casa Francesco dopo la lunga quaresima al monte della Verna, ritorna con i segni della passione, ritorna con una vita nuova e trova Chiara che lenisce quelle ferite. Vorrei essere un balsamo per molte ferite, così scrisse Etty Hillesum nel suo diario li in quell’inferno che è stato Aushwitz; forse questa è la miglior sintesi di tutto quello che ho scritto oggi.