sabato 21 settembre

di | 20 Settembre 2024

San Matteo – Mt.9,9-13

In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Commento

Lasciamo per un giorno la lettura della lettera ai romani e leggiamo e commentiamo il vangelo proposto per la festa di San Matteo. Quello che leggiamo è un racconto autobiografico, è lo stesso Matteo che scrive la sua chiamata. Ed è lo stesso Matteo che sarà apostolo ed evangelista. Il tratto che emerge da questo racconto è sicuramente quello dell’improbabilità di Matteo come discepolo e della misericordia di Dio che supera ogni improbabile fragilità umana. Se pensiamo a Matteo come a colui che riscuoteva e rubava sulle tasse difficile vederlo nel gruppo dei dodici. Eppure la misericordia di Dio sceglie tutto quello che nel mondo sembra improbabile. Lascio queste parole di un antico commentatore cristiano: “Vide un pubblicano e, guardandolo con misericordia lo scelse,  gli disse: “Seguimi”, cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita”. Il mondo sembra aver dimenticato cosa vuol dire questa parola: misericordia è il cuore che si fa vicino a ciò che è piccolo. Provare misericordia non è allora un atto di pietà ma di giustizia. Matteo sembra aver imparato subito cosa vuol dire questo, infatti apre le porte della sua casa e offre a Gesù e a quelli che sono con lui un banchetto.

Preghiamo

Preghiamo per la pace

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