Ho capito che faccio fallimento, ma che non sono un fallito. Ho capito che le ferite fanno parte di me e che me le porterò dietro per sempre. Ho capito anche tante altre cose circa i fallimenti, le ferite, le cose non riuscite. Ho capito perché le sperimento. La vera conoscenza è quella che nasce da un’esperienza, dalla vita e poi diventa sapienza. Così cercavo insegnare qualche cosa alla scuola professionale del patronato. Era così per tutti noi insegnanti. Si partiva da un esperienza e poi si cerca di risalire alla ragione. Un procedimento di insegnamento e di apprendimento che funzionava al contrario del tradizionale modo di insegnare. Così funzionava meglio e un po’ mi è rimasto questo modo di apprendere. Guardo la realtà, faccio esperienza e poi da qui cerco di trarre una mia piccola sapienza. Anzi, ho proprio sbagliato una nostra piccola sapienza. Ecco dove sta uno dei modi con cui possiamo affrontare il fallimento e la ferita. Non con un io, ma con un noi. Non in solitaria, ma in comunità. Da soli non ce la possiamo fare ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo, lo possiamo fare insieme. Il mio fallimento è mio, ma per ripartire la prima mossa è mettere insieme fallimenti e ferite. Quando dobbiamo decidere cosa fare di fronte ad un errore, ad una ferita, ad un cambiamento è naturale mettere in atto strategie che partono da me stesso, dalla mia persona. Dimentichiamo che il vero punto di ripartenza non sono io, ma la comunità intera. Una famiglia affronta una ferita e un fallimento chiedendo unità a tutti i membri della famiglia, compresi i figli che in genere sono la parte più debole dei fallimenti e delle ferite. Non si affrontano le ferite e i fallimenti con il decisionismo di una delle parti in causa. Una comunità può affrontare il fallimento, la fatica non perché trova una guida, un leader, un uomo o una donna che prendono apparentemente in mano la situazione e decidono dove andare. L’anello che in genere manca nell’affrontare il fallimento è la comunità, tutte le parti che compongono la comunità. Due piccole note per ripartire da un vero noi e non da un noi che sta scritto sulla carta, ma che non si realizza mai. La prima nota è una domanda: hai ascoltato tutti prima di decidere? La seconda è un monito: agisci presto convocando il noi con cui lavori e vivi, e con loro cerca vie comuni che tengano conto di tutti.