Parlo con una persona del dolore e poi mi dice: è scontato prima mi parli del dolore e poi rilanci la vita. soliti discorsi da preti. Adesso poi che viene natale è più facile ancora fare questi discorsi scontati. Ma non è così. Io ci posso passare dentro il dolore. Io lo posso prendere tutto si di me, lo posso gustare come un calice che fa soffrire, come quel vino andato a male, ma non mi posso fermare qui. Questa che faccio ora è una riflessione su come io, don Sandro, non posso non rilanciare la vita e rilanciare una speranza. e non èun discorso da prete, ma da Sandro, che gusta il dolore e rilancia la vita. È come con il vino andato a male. Posso berlo inavvertitamente e il mio corpo qualche goccia di vino andato a male lo assorbe. Così io assorbo il dolore dentro di me. Poi però mi prendo la bottiglia di vino andata a male e la butto via, magari a malincuore perché era una buona bottiglia. E per finire ne vado a prendere un’altra. Così è con il dolore dopo che è entrato nel mio corpo io lo butto via. E cerco nuova speranza. Non posso rimanere attaccato ad un dolore. Devo rilanciare qualcosa di nuovo. Io credo che posso fare questa cosa: trovare come una breccia, un pertugio dentro il dolore e cercare dentro questo dolore un raggio di luce. Una breccia che mi fa intravedere un po’ di luce. Guardo tutte le rovine della guerra, case, ospedali, scuole. Ci sarà in tutte queste rovine una breccia, un pertugio che lascia filtrare un raggio di luce? Io credo di sì. Ma non sta al potente di turno cercare la breccia. Il potente di turno coprirà tutte le rovine e ci farà su nuove case, nuovi ponti; il potente di turno non cerca brecce di luce, ma copre tutto il dolore umano con altro dolore umano, perché il potente ha solo uno scopo: il profitto. Siamo noi gente comune che dobbiamo cercare brecce e spiragli di luce. Siamo noi gente del quotidiano che dobbiamo rilanciare la vita. magari tutti insieme.
Io sono molto orgogliosa e testarda, e per tanti tempo ho creduto di portare il dolore da sola, é più faticoso, ti scuote anima e corpo, e quando perdi le forze per lottare rimani solo e inerme, accartocciato nel tuo dolore. Nel dolore occorre mettere da parte i preconcetti, l’orgoglio a volte, che qualcuno altro si debba occupare di te, é difficile ma spesso non ci bastiamo, serve altro per stare meglio, serve un altro, perché se siamo colpiti duramente, quello spiraglio di luce da soli non lo troviamo, fisicamente o spiritualmente. Dobbiamo abbandonarci per un po’ alla cura dell’altro, all’aiuto dall’alto, e se non abbiamo la forza di scavare nel profondo della nostra vita e del nostro dolore o semplicemente puntare gli occhi lontano dal dolore e cercare la luce altrove, nell’immensità dell’universo, qualcuno lo farà per noi.
Ieri vicinissimo alla luna si scorgeva luminosissima una delle stelle più meravigliose che esistono, non so nemmeno da quanti anni, credo fosse la stella Polare, una persona a cui voglio bene che vive lontano, qualche anno fa mi ricordava che se entrambe avessimo guardato quella stella in un preciso momento era come se fossimo vicine, e volendo anche se l’avessimo guardata ad anni o decenni di distanza. Mi piace pensare che una luce c’è sempre ad illuminare anche i nostri cammini più bui.
Auguri Don, tu per me se l’altro e insieme a te tutte le belle persone che ho conosciuto, e grazie di portare la Parola di Gesù a portata di tutti e vicino a chi non può uscire da solo a cercare la sua luce nel mondo.
San Francesco la chiamava Perfetta Letizia, anche in mezzo al dolore…