Apro un’ultima riflessione che è un capitolo immenso che è il perché di un dolore, il perché di una sofferenza, il perché di un male. È anniversario di don Roberto. Lui aveva scandagliato questo perché e ne aveva fatto un libro: il monte degli ulivi. E nello scandagliare questi perché è come se mi rivedessi in queste tre motivazioni che dichiaro negative e in una che è positiva. Un tema su cui don Roberto non era molto d’accordo era quando gli si diceva che la sua malattia, il dolore del mondo, la fatica di un soffrire che è come raccolto nell’uomo della croce, era quello che mi hanno insegnato da sempre cioè di come il fatto che la croce di Cristo e tutto il dolore umano è il prezzo che serve per la nostra salvezza. L’uomo della croce morendo in croce lui diventa il prezzo della nostra felicità. Non credo che si possa augurare ad uno di pagare lui il prezzo della salvezza di un altro. Gesù sa che Dio padre non lo ha condotto alla croce. Don Roberto sapeva molto bene che la sua malattia non era il sacrificio voluto per salvare altri. Dio infatti sta dalla parte del liberatore e non di chi condanna. Un secondo motivo: don Roberto rifiutava quell’idea che la sua malattia era un sacrificio in qualche modo gradito a Dio, innalzato a Dio. È quell’idea che la sofferenza è sacrificio gradito a Dio. Non esiste nessuno sacrificio gradito a Dio. E per finire don Roberto rifiutava quell’idea che poteva esistere un sacrificio volontario di un uomo a favore di un altro. Di fatto l’uomo della croce non dice che lui è un sacrificio volontario, ma grida a Dio padre di liberarlo da quel male, da un dolore ingiusto. Ma allora mi rimane solo una soluzione: quella che don Roberto aveva individuato e che cercava di percorrere. Dio non vuole la sofferenza dei suoi figli, per nessun motivo; Dio chiede all’uomo di saper alzare un grido forte di preghiera e di fiducia al Dio che ama la vita e non il soffrire. Perché in quel grido è la forza della resurrezione. Dove ci sono uomini e donne ferite, crocefissi, malati, poveri lì c’è lo spazio del grido di aiuto al Dio della misericordia che salva e aiuta a rinascere. Questa era la fede di Don Roberto un grido di fiducia che poteva liberarlo dalla fatica del dolore. Così me lo ricordo quella mattina quando la Olga mi chiamò e mi disse vieni perché ci sta per lasciare. Arrivai e vidi su quella poltrona un uomo rappacificato, dopo le tante lotte della vita, un uomo dal volto reclinato che sapeva solo dire Tu sei il mio Dio e grazie agli amici e al creato.