Nasce una nuova fraternità, magari nel suo piccolo anche qui a Rosciano. La vedo ogni giorno in questa realtà un poco strampalata. Quello che vedo qui non è quella fraternità che nasce dall’identità, da un noi che non è un noi fraterno, ma un noi identitario. Qui a Rosciano il noi non nasce dal fatto di essere tutti uguali. Qui il noi non sono i miei simili, quelli che la pensano come me, quelli che si identificano con la mia visione di mondo, di religione. Qui la fraternità, la nuova fraternità nasce in modo diverso. Nasce dalle tante diversità che creano legami di amicizia. Lo dice anche san Paolo in un suo passaggio: Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. l’appartenenza che vorremo creare e che ci rende realmente fratelli è di questo tipo: quasi un tentativo di creare la fraternità dei diversi, la fraternità dei lontani che si ritrovano allo stesso banchetto. A volte questa fraternità di chi è diverso l’uno dall’altro è come la fraternità di cose e vicende improbabili che accadono e che mettono insieme un noi non identitario, ma un noi fatto di mille storie diverse. È quello che a volte succede qui dalle nostre parti: un noi non identitario, del tutti uguali, ma un noi fatto di storie altamente improbabili che si amalgamano stranamente tra loro. In pratica la nuova fraternità che vorrei veder nascere non è più quella fatta dalla distinzione chiara data da storie e vicende diverse, ma quella che nasce dalla distinzione tra chi si fa carico del dolore altrui e chi invece lo evita, tra chi si china sul dolore e tra chi non si degna di uno sguardo. In questa distinzione non più identitaria, ma di senso, tutti possiamo pensare di costruire fraternità perché tutti possiamo diventare coloro che si fermano e guardano chi soffre. Questa è la nuova fraternità che sogno. Oggi mi fermo qui.