non è ancora tempo

di | 25 Gennaio 2024

Non è ancora tempo per fresare la terra, non è ancora tempo per pensare a cosa seminare. È solo tempo di taglio di legna, di manutenzione dei mezzi, di pulizia dell’orto e di raccolta degli ortaggi invernali. Non è ancora tempo di primavera, di salmodie di allegrezza. Non è nemmeno il tempo della visita alle api, al massimo si controlla se hanno da mangiare, se hanno il candito. Non è ancora tempo della vita piena. Ma c’è un tempo invece che è sempre tempo giusto, tempo adatto. C’è un tempo che non va mai in letargo, che non si assopisce, che dura di più del sole. il tempo del pranzo è il tempo in cui ci si mette a tavola insieme e si gusta il cibo che qualcuno prepara ogni giorno. è il tempo della chiacchera libera.  È il tempo in cui non si programma, il tempo in cui si vive serenamente. Per noi è così. Non dura molto ma basta per dire che c’è un tempo conviviale. È il tempo in cui chiediamo di riporre l’arma che tutti abbiamo in mano: il fatidico smartphone. A volte ci riusciamo, a volte non ce la facciamo e allora questa arma ricompare tra le mani anche durante il pranzo. Io ho una scusa buona: mi serve per lavoro, ma è solo una scusa. E così a tavola ecco che ci sono ragazzi, adulti, ucraini e italiani, preti e educatori, volontari e genitori. Fino all’ultimo non capiamo mia quanti siamo a riempire quella tavola, ma alla fine c’è un po’ di pane per tutti e c’è serenità per tutti.  Anche questa tavola così diversa (oggi si direbbe queer) può diventare in un attimo di silenzio il salmodiare del giorno. Trovo scritto: i tuoi figli intorno alla tavola come piante di ulivo, ecco, così è benedetto chi teme il Signore. quella della tavola di Rosciano non sono i miei figli, ma sento che quella tavola quotidiana è pianta di ulivo, segno di pace, sento che chi teme il Signore è da Lui benedetto, non importa chi è e da dove viene. il salmo si conclude così: pace su Israele.

2 pensieri su “non è ancora tempo

  1. Sabrina

    Siamo figli di chi ci accoglie, siamo soli e fragili fino a quando troviamo una porta aperta, di una casa, di una chiesa, che non ci chiede perché e da dove veniamo ma semplicemente che che ci lascia essere parte all’ascolto, che ci offre pane e acqua, e magari un caffè caldo, che ascolta senza giudizio. Ci vorrebbero milioni di case e di luoghi che accolgono chi ha bisogno spirituale oltre che materiale, di chi é smarrito o ha perso il calore della famiglia e ha bisogno di un posto del cuore, dove abbandonare la fatica di vivere e riscoprire la voglia di fare insieme, di sentirsi accolti e sentirsi un po’ come a casa

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