Anche se mi è molto difficile provo comunque a continuare a delineare la visione che mi porto dentro dell’agape. Non sto dicendo che sto praticando l’agape nella maniera più assoluta e chiara possibile. Sto dicendo che di fatto voglio provare a fare due cose: la prima a descrivere questa parola meravigliosa che è l’agape. La seconda essere così onesto con me stesso nel dichiarare che non sempre queste descrizioni corrispondono alla mia vita, al mio quotidiano. Leggendo qua e là di questa parola agape mi colpisce una cosa: quando si cerca di tradurre tale parola per inserirla nella parola sacra e si fa il passaggio dal greco al latino, si sceglie di aggiungere un h alla parola che si usava abitualmente. Così si passa da caritas a charitas. Nei primi secoli della storia della chiesa era così, poi si torno alla caritas senza h. Io credo che la nostra caritas nazionale, diocesana, parrocchiale e via dicendo dovrebbero rimettere quell’h e tornare ad essere non più caritas, ma charitas. Cerco di spiegarmi, certo la cosa a sorpreso anche me. Davo per scontato che caritas era agape punto e basta. La caritas senza ha la usavano i mercanti romani per dire quanto valeva un oggetto, anche uno schiavo. Quanto è caro potremmo dire noi. Ma l’agape, l’amore di donazione si sottrae ad un costo commerciale: quanto costa, quanto vale. Ecco perché si è aggiunto un h e si è passati a charitas. Aggiungendo quell’h si avvicinava la parola carità ad un’altra parola, alla parola grazia, alla parola gratuità e dono. Ecco, la parola agape-charitas si sottrae all’idea di quanto costa, di quanto mi costa l’amare, e mi introduce nel mondo della grazia e del dono. Non quanto mi costa, ma quanto è dono. E qui intreccio la mia vita. A me viene facile togliere la famosa h dalla parola charitas e lasciare solo caritas. Io non riesco a dire tutto è dono, io dico quanto mi costa amare.
Grazie. Dietro ci stava il problema di non mercificare il rapporto con Dio. Stamattina anche io mi chiedevo come lo mercifico ponendo delle condizioni al mio cammino o alla realizzazione dei miei progetti. Alla fine charitas è decentrarsi e lasciare che un altro agisca sempre prima di noi, anche prima dei progetti caritativi. Chissà quali sono le strade comunitarie ed ecclesiali per farlo. Buon fine settimana