C’è un mescolamento che è unico, originale, che spiazza tutti. È quello che si chiama mettersi nei panni di, nei panni dell’altro. È un’azione strana perché richiede la mia spogliazione anche solo per un attimo, richiede l’essere fuori di sé, nel senso di essere fuori da ogni pregiudizio e preconcetto quando penso all’altro. E così provo a mettermi nei panni di un genitore che non sa da che parte girarsi con il proprio figlio, di un lavoratore che non sa come comportarsi con il suo collega; mi metto nei panni di uno dei nostri ragazzi per capire come ragiona, ma non ci capisco niente, mi viene quasi il mal di testa. Provo a mettermi nei panni di un prete con la sua comunità e anche qui faccio fatica a capire come devo agire. Eppure questa questione del mescolarmi perché mi metto nei panni dell’altro non è poi così banale, anzi nel tentativo di costruire una buona relazione diventa fondamentale e necessaria. È come una mescolanza di cuori, il cuore dell’altro e il mio cuore; è come una mescolanza di menti, la mente dell’altro e la mia mente. In questo mettermi nei panni dell’altro devo forse preservare me se stesso? Può essere, ma so che è molto difficile Eppure oggi questo mettermi nei panni dell’altro mi è difficile. Difficile mettermi nei panni di chi ci ha lasciato, oppure dei genitori che ora hanno paura per il futuro del figlio, oppure di chi per tanti anni lo ha accompagnato e non ci ha cavato molto. Non ho molto da dire a riguardo. Mi metto nei panni dell’altro e comprendo che in questo tempo così difficile, il tempo in cui si chiude una storia, il tempo in cui si chiude un impegno, non mi viene altro che una parola. Mi metto nei tuoi panni e ti dico grazie, perché ci hai come sollecitato a fare sempre meglio, ci hai costretto a capire che cosa era il meglio per te. Hai deciso di andare a fare altro e nella tua libertà lo puoi fare; certo mi dispiace non vederti più al tuo posto a tavola, non vederti salire a preparare il caffè, non vederti più a parlare di calcio. Il mettermi nei tuoi panni oggi è solo un arrivederci, un’attesa di vederti rispuntare alla porta di casa, un attesa di un possibile rientro in squadra. So anche che mettermi nei tuoi panni oggi forse vuol dire cercare altro per te. Qui alla cooperativa si arriva, si sosta e poi si va in altri luoghi. Ma questa è la vita.