Mettere in rete, mai parola è stata usata in un’infinità di declinazione, di modi, di accezione. La conclusione di tante relazioni, di tanti convegni, di tanti dibatti è semplice: mettere in rete. Stare in rete. Tutto qua. Ma un tutto qua che non funziona. Chi mette in rete veramente? Chi, per mettere in rete, rinuncia alla sua quota di potere e di interesse? È mettere in rete stilare un bando con tanti enti, oppure è dividersi, nel senso più onesto, del termine una quota di soldi, di progetti e di altro? Non ho grandi competenze e conoscenze in questo ambito, ma per il poco che mi è capitato di frequentare questa è la grande fatica: mettere autenticamente in rete. Anche nel mio orto mettere in rete è difficile. Come far interagire il tutto per un fine di bene e di bellezza. Come fare in modo che attraverso una buona rete ogni ortaggio parli con l’altro? Molto difficile, ma si può provare. Interessante questa questione del mettere in rete. Io, che non me ne intendo, partirei da una questione. È necessario mettere in rete per salvaguardare e rendere giustizia al bene di tutti, al bene comune. C’è un bene comune che è di tutti e che tutti dobbiamo salvaguardare. Un paese, un orto, una montagna, un’isola, sono beni di tutti e tutti dobbiamo salvaguardarli. L’esempio più classico è sull’ambiente. Tutti ne parliamo, ma come se fosse un qualcosa di privato: il mio pezzo di cielo, il mio pezzo d prato, di isola. Questo però non è un bene privato, ma pubblico e tutti se ne devono prendere cura. Tutti parlano di beni comuni, ma nelle scelte che contano tali beni comuni rimangono ai margini. Prevale il mio sul noi. Partirei da piccole cose. per esempio mettere in rete gruppi di persone e di famiglie che vivono su un territorio. Possiamo parlare di comunità non solo residenziale, ma diffuse? Io credo di sì e ci vedo in questo un bel futuro in rete.