Capita anche di mescolare riti. E di trovarmi in una situazione simpatica ma insolita, io seduto che ascolto e un cerimoniere che svolge un rito. di solito succede il contrario. In apparenza è un rito laico, in realtà vi è un qualcosa di profondamente religioso. E qui bisogna che spieghi bene. Io sono per la chiarezza del rito. Esso deve avere una sua cadenza, uno suo svolgimento, un suo modo di procedere. Il rito non può mescolare narrazioni diverse. Per farmi capire quando mi capitava di andare all’Atalanta, (non si dice andavo a vedere la partita allo stadio, a Bergamo si dice vado all’atalanta e questo modo di dire è già un rito) il rito della tifoseria atalantina era rigidamente strutturato e non si poteva mescolare con il rito della squadra avversaria. Striscioni, slogan, canti, balli e tutto il resto era atalantino. Tutto era codificato e guai a chi non stava in questo schema. Tra parentesi non capisco perché si contesta la rigidità del rito della messa, quando sappiamo bene che tutti gli altri riti non possono essere criticati. Ed io sono uno che crede nel valore del rito della messa. Ma ho sempre cercato di trovare il modo non tanto di mescolare in maniera banale tale rito con altre contaminazioni, quanto di pensare che ci possono essere mescolanze che rendono più vero il rito in cui credo che è la messa. Ma non deve diventare una macedonia disordinata, un assemblaggio senza un ordine, e che alla fine crea solo confusione e non mette al centro il cuore del problema che nel caso della messa è il mistero della parola e del pane eucaristico. Forse il problema è un altro. Come non mescolare riti creando confusione e come invece mescolare i riti con lo scopo di far parlare il cuore del rito. Questo secondo me è il vero tema: mantenere il cuore del rito, mescolarlo con altro e poi far parlare il rito. Lo so che la parola mescolare qui non va bene, ma non ne trovo un’altra. Forse bisognerebbe parlare di ascolto e accoglienza di altre tradizioni rituali. Tutto questo discorso per dire che quello a cui ho partecipato e che doveva essere un semplice rito laico si è trasformato in un rito laico che ha saputo parlare del divino e dell’umano. In questo caso la mescolanza di modi diversi, di segni diversi e di parole diverse ha creato un’alchimia perfetta. Un rito aperto e un rito che ha parlato. Un rito non costruito su regole rigide, ma un rito che ha saputo attingere da storie diverse con il risultato di parlare e di narrare cose belle a chi era presente.