Mc. 15,21-28
21 Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. 22 Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, 23 e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
24 Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. 25 Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26 E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27 Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 28
Commento
In questo cammino fino alla croce già abbiamo commentato il senso della condanna a morte: il re dei giudei e allora mi soffermo un po’ sulla figura del Cireneo. Doveva essere conosciuto dentro la comunità di Marco, tanto è vero che di lui si dice che era padre di Alessandro e Rufo. Egli è obbligato dai soldati a portare il legno orizzontale della croce su cui poi verrà inchiodato Gesù. questa figura ha sempre colpito la tradizione cristiana, anche solo per il gesto di aiuto fatto nei confronti di Gesù che non poteva arrivare vivo fino al calvario dopo tutte le torture subite. Ma c’è un particolare che mi colpisce di questo. gesto: è vero che fa questo gesto buono nei confronti di Gesù, ma se vogliamo essere espliciti è come un gesto obbligato dai soldati romani. Che cosa mi porta a pensare questo fatto? Che a volte ci troviamo involontariamente a portare le croci di altri. una madre che porta la croce di un figlio malato, una persona che si ritrova a portare involontariamente la croce di chi ha accanto. Forse non ha scelto di portare quella croce, ma se la ritrova un po’ addosso, anche solo per un tratto di strada. Ma quella croce portata al posto di altri o insieme con altri fa di noi uomini e donne della sequela, la sequela di Gesù come lo è stato per il Cireneo. Ogni croce se è portata come atto di amore è sequela di Gesù, anche se forse quella croce non è immediatamente la nostra ma di altri e noi ne siamo coinvolti.
Preghiamo
Preghiamo per tutti coloro che portano la croce insieme con altri
Spesso si condivide una croce, spesso se ne condivide più d’una. Da dove nasce questa forza di portare un pezzo della croce altrui, anche solo per un tratto di strada? A volte dal doverlo fare, a volte da scelte d’amore, a volte dalla compassione, che forse è un’espressione del voler bene. Di fatto, lo si fa. Si solleva un po’ chi la croce se la deve portare fino in fondo, fino alla fine. Prego per tutte le persone che portano una croce, propria e altrui, per dovere o per amore, per solidarietà o per amicizia, in solitudine o con l’aiuto del Cireneo di passaggio.
Non c’è atto d’amore più grande che quello di Gesù in croce, qualcuno disse. S. Bertilla Boscardin, l’amore si nutre di piccoli e continui sacrifici. Nel momento di prendersi un po’ cura della croce di qualcuno, occorre farla un po’ propria, quel tanto che ci permette una vicinanza adeguata non invadente. Per tutti coloro che si accompagnano alla croce altrui preghiamo.