Ma basta la preghiera per cercare e costruire la pace? prima di rispondere alla domanda provo a dire perché il perché di questa riflessione. Su proposta del cardinal Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, oggi è giornata di preghiera e di digiuno e di gesti di solidarietà a vantaggio delle persone che stanno soffrendo tragicamente la guerra in Terra Santa. Riporto alcune righe del messaggio di Pizzaballa: “Siamo stati improvvisamente catapultati in un mare di violenza inaudita, in una spirale che crea distruzione. In questo momento di grande dolore e di sgomento non possiamo lasciare che la morte sia la sola parola da udire. Per questo sentiamo il bisogno di rivolgere il nostro cuore a Dio Padre, solo così potremo attingere la forza e la serenità di vivere questo tempo, nella preghiera di intercessione, di implorazione e anche di grido. Anche nelle famiglie possono organizzarsi semplici e sobri momenti di invocazione…Questo è il modo in cui ci ritroviamo tutti riuniti, nonostante tutto, per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione. Che il Signore davvero ci doni la sua pace!”. no, la preghiera non basta. Serve una solidarietà umana, serve un agire umano a favore della pace. ma allora perché preghiamo? Preghiamo per alzare il nostro grido a Dio, il grido del dolore per tutti coloro che stanno soffrendo. Preghiamo perché credo che è un modo per sentirci tutti uniti. Preghiamo, perché sappiamo che siamo fragili, e se vogliamo trovare la forza per essere artigiani della pace, dobbiamo trovare un coraggio e una speranza oltre noi stessi, speranza che io chiamo Dio Padre. Preghiamo perché la morte e la violenza in tutte le sue forme non trovi spazio nel nostro cuore. La preghiera non basta, ma è importante. L’agire da solo senza uno sguardo all’oltre è mancante, anche se ogni uomo e donna di buona volontà, credente o non credente, che prega o non prega può e deve diventare artigiano di pace