Io non voglio cadere in questi giorni cattivi, non voglio credere a questi giorni cattivi; voglio credere invece ad altro, voglio credere alla vita, alla speranza, alla misericordia, voglio credere al rispetto, alla tenerezza di Dio che può diventare anche la tenerezza dell’uomo. Visto che nasci in mezzo a noi potresti darci un piccolo suggerimento su come mantenere viva la speranza, partendo dalla tua parola che è parola di speranza, partendo dalla tua vita che è vita di speranza. Oggi trovo solo due indicazioni.
la prima: un’attesa operosa. Non siamo ancora nel tempo delle cose belle, non siamo ancora nel compimento e nella pienezza della vita, vediamo come in uno specchio sporco e confuso; e allora mettere in atto l’attesa vuol dire avere il coraggio di non rimanere fermi, di non sederci, di non lasciarci andare alla disperazione, al vuoto, vuol dire non cadere nel nulla. Vivere l’attesa vuol dire avere la capacità di pensare che possiamo farcela grazie a te, con te, caro Gesù bambino. Vivere l’attesa vuol dire sapere che c’è un compimento, che c’è una nascita, che c’è una rinascita e, come una madre che aspetta il figlio, che attende il figlio, fino a quando viene alla luce, così anche noi dobbiamo attendere il giorno nuovo, dentro questa notte finché viene la luce. finché viene il giorno nuovo. Ma caro Gesù bambino, ho detto anche che deve essere un’attesa operosa. Che cosa significa? che dobbiamo darci da fare che dobbiamo impegnarci per il bene, ostinatamente impegnati nel bene, che dobbiamo in qualche modo operare per la giustizia nei confronti di ogni povero della terra, che dobbiamo impegnare il nostro tempo, le nostre energie per queste comunità per il bene di queste comunità, sì è proprio così: un’attesa operosa.
E poi c’è una seconda parola che mi suggerisce la tua parola sacra, che mi suggerisce la tua vita caro Gesù bambino. È una parola che non va più di moda, ma che la trovo bellissima, che la trovo giusta per questo tempo difficile. Tu Gesù, che nasci in mezzo a noi regali la parola tenerezza. È la parola di tua madre Maria e di tuo padre Giuseppe che ti hanno voluto bene, che ti hanno difeso, che ti hanno aiutato a diventare grande. È la tua tenerezza, la tenerezza di Gesù che ha guardato il povero, il peccatore, che ha guardato a tutti quelli che erano lo scarto del mondo, che ha saputo gridare le ingiustizie del mondo, ma che ha saputo fare tutto questo non rivendicando qualcosa, ma con lo stile della beatitudine della non violenza. Una tenerezza non violenta, una tenerezza non violenta nelle parole, nei gesti, nelle posture di ogni giorno, nel nostro impegno quotidiano. Una tenerezza che dice che tu sei il Dio della misericordia e che noi diventiamo gli uomini della misericordia. Solo in un’attesa operosa e in una tenerezza non violenta renderemo ancora umano il mondo. auguri