Giovedì 26 dicembre 2019 –
Per questa giornata di santo stefano vi lascio la lettera che ho scritto a Gesù Bambino e che ho letto nella messa di mezzanotte.
Caro Gesù Bambino,
da sempre tutti hanno pensato alla tua nascita. Anche noi oggi ci pensiamo. Una domanda sorge subito nel cuore: ma che tipo di pensiero e di celebrazione facciamo? È solo un buona, commuovente e bella celebrazione, o questa nascita tocca il mio cuore e la mi vita che mi chiede di cambiare?
Ti racconto una storia caro Gesù Bambino. era metà dicembre del 1223, e Francesco d’Assisi va a Greccio ed esprime ad un suo carissimo amico un desiderio: vorrei rappresentare la nascita di Gesù bambino. Dai testi sulla vita di Francesco leggiamo: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo. È il giorno di Natale tutto è pronto arriva Francesco e il testo ci dice: Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero.
Eccole le parole vere del Natale: disagi in cui si è trovato, semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà.
Mi sa caro Gesù Bambino che oggi non ti ritrovi mica tanto nei nostri presepi: quelli della chiesa, quelli delle città quelli delle nostre case. Dove vediamo il disagio di un bambino? Lo abbiamo nascosto nel presepio più bello possibile. Dove vediamo la semplicità evangelica? L’abbiamo nascosta nella complicata gestione delle feste e dei preparativi natalizi. Dove si loda la povertà? L’abbiamo nascosta nei pacchi regali. Dove si raccomanda l’umiltà? L’abbiamo nascosta nella magniloquenza per non dire superbia delle nostre parole vuote e dei nostri gesti grandiosi.
Si, noi tendiamo a nascondere l’essenziale per far emergere e mettere in evidenza l’appariscente. Noi nascondiamo il vangelo in emozioni natalizie che non dicono la verità della tua nascita. Ci rifugiamo nei sentimenti e in quelli speriamo di avere risposte per la vita. Ci rifugiamo nelle cose e speriamo in questo modo di vivere un buon natale.
Eppure tu, Gesù Bambino hai un’altra storia da raccontarci. E noi dovremmo seguire le tue parole, non le nostre emozioni.
Ci racconti di una storia di pace e noi stentiamo molto a cercare le vie della pace, quelle quotidiane tra parenti e amici quelle mondiali tra le nazioni.
Ci racconti di una storia di accoglienza verso chi soffre e noi abbiamo paura dell’altro di chi è diverso, di chi ci invade.
Ci racconti di una storia di amicizia e noi facciamo fatica ad incontrarci.
Ci racconti di una storia dove il piccolo, il malato, il povero sta al centro e noi siamo scentrati sulle tante cose da fare anche in parrocchia.
Forse ci chiedi di stare un attimo in silenzio davanti al presepio e forse in questo silenzio di imparare a riscoprire la vera saggezza della vita.
Tu sei Gesù, l’Emmanuele, il dio con noi. Non ci lasci mai soli, con la tua presenza nascosta, ma sempre vigile. Non ci abbandoni dentro le nostre fatiche quotidiane. Tu ci chiedi
dove è odio, di portare amore,
dove è offesa, di portare il perdono,
dove è discordia, di portare la fede,
dove è la disperazione, di portare la speranza.
Dove è tristezza, di portare la gioia,
dove sono le tenebre, di portare la luce.
Caro Gesù Bambino non volerci troppo male se non seguiamo fedelmente le parole del vangelo, ma a volte siamo come presi da un vortice che assorbe tutte le nostre energie: il lavoro, la casa i figli, lo studio, il divertimento, gli amici, la parrocchia. Tutto va così di corsa che facciamo una grande fatica trovare tempo per Te.
Oggi siamo qui e vogliamo ascoltarti
Raccontaci del tuo natale, del tuo presepio.
Ci racconti che c’erano dei bellissimi paesaggi attorno a Betlemme. La terra non era arida, ma coltivata. Il cielo era bellissimo e passò anche una cometa quella notte. E si vedeva perché il cielo era pulito. E noi cerchiamo di raffigurare nei nostri presepi quei paesaggi, sognando una terra pulita, un cielo azzurro, dell’acqua buona. Ti preghiamo signore per la nostra madre terra oggi così malandata, fa che ne portiamo il giusto rispetto.
Ci racconti che sei nato a Betlemme e che Betlemme nella tua lingua vuol dire città del pane. E nel nostro presepio mettiamo delle case per ricordarci di Betlemme. Fa che ci ricordiamo del pane quotidiano perché non lo abbiamo a sprecare e a buttare in questi giorni di natale e in ogni giorno della nostra vita, ti preghiamo per chi non ha pane per vivere e muore di stenti e di fame.
Ci racconti del castello del Re Erode. Quello della strage degli innocenti. Noi oggi parleremmo di genocidio. Anche il castello non manca nei nostri presepi, lo mettiamo un po’ lontano perché il potente ci fa paura. Ti preghiamo per tutti coloro che vivono nei castelli e hanno in mano il potere delle città e del mondo. Non commettano genocidi, ma possano amare e servire l’uomo e l’umanità.
Ci racconti della numerosa folla di gente comune che lavorava, gente semplice, povera, ma dignitosa. Tutti tu hai accolto alla tua grotta. E nel presepio noi mettiamo pastori, pecore, donne e uomini intendi nei loro lavori quotidiani, tutti in cammino verso la grotta. Ti preghiamo per tutti gli uomini e le donne che lavorano, per i ragazzi che studiano, per gli anziani, gli ammalati, i poveri, gli ultimi del mondo, gli scartati del mondo.
Ci racconti della tua grotta dove sei nato, della tua mangiatoia dove Maria e Giuseppe ti hanno deposto, perché non c’era posto nell’albergo. Una grotta che ha accolto tutti quelli che sono venuti a trovarti. Ti preghiamo ridonaci il senso della sacra ospitalità e non dei muri.
E per finire ci racconti di Maria e Giuseppe i tuoi genitori. tuo papà e tua mamma. Si sono voluti bene, si sono fidati l’uno dell’altro e questo ti ha permesso di crescere e di sapere che cosa volevi fare della tua vita. Ma che meraviglia e che fatica essere coniugi, essere papà, mamma, figlio.. ti prego accompagna tutte le famiglie del mondo.
Il presepio non è proprietà di qualcuno, non è da mostrare nei comizi, non serve per marcare la nostra identità. Il presepio è il mondo intero da amare, da capire, da vivere. Il presepio è il racconto del mondo che vive, ama, sbaglia, cammina. Aiutaci a guardarlo con questo sguardo. Aiutaci ad amare l’umanità tutta rappresentata nel presepio.
Il racconto di San Francesco sul presepio di Greccio si conclude così:
Da quel presepe del Natale 1223, «ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia».
Vi auguro di tornare a casa con tanta ineffabile gioia e di gustare questa gioia per tutti i giorni della vostra vita, con Gesù e l’umanità intera.
A una lettera così non servono parole di commento. Grazie Don Sandro che dai voce a ciò che nel mondo si vive ogni giorno e che attende un segno di salvezza.
Grazie di cuore don Sandro,avrei voluto non scordare nessuno da raggiungere in questo Natale e e leggendo e pregando con questa lettera me lo ha permesso ….è di ampi orizzonti …
Grazie don Sandro…
Hai colto nel.segno, sei andato dritto al cuore del Natale, quello invisibile, quello essenziale, quello reale…. Una preghiera, nel silenzio…..